NICOLA PALMA E MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Incendi a Milano, blitz nel capannone pieno di rifiuti. Poi il rogo

L’incendio a tre giorni dall’ispezione di Città metropolitana e ghisa. Segnalazione partita dai proprietari

incendio

Milano, 16 ottobre 2018 - La parte anteriore del capannone di via Chiasserini 21 ha ceduto quasi subito, sprigionando una vampata di calore che ha incenerito alcuni pullmini per disabili posteggiati lì vicino. Segno, il sospetto di chi sta lavorando al caso, che il fuoco potrebbe essere stato appiccato in più punti del muro di ecoballe di plastica, legno, gommapiuma, stracci e carta: «Difficile pensare che sia stato un fulmine», la sintesi dell’assessore lombardo all’Ambiente Raffaele Cattaneo, che ieri ha partecipato a un sopralluogo con gli assessori comunali Anna Scavuzzo e Marco Granelli. No, non è stato un fulmine: è stata la mano dell’uomo a innescare l’incendio poco prima delle 20.30 di domenica. Un incendio complicato da spegnere, nonostante i pompieri, coordinati sul posto dal nuovo comandante Carlo Dall’Oppio, stiano lavorando senza sosta da due giorni; ne serviranno almeno altri quattro-cinque perché le ultime braci si esauriscano. Solo a quel punto si potranno avviare i veri e propri accertamenti investigativi sulle cause, affidati alla Squadra mobile, anche se paiono esserci pochissimi dubbi sulla natura non accidentale dell’evento: bruciata una struttura da 2.500 metri quadrati dove erano stoccati 16mila metri cubi di materiale speciale ma non pericoloso. Non c’è solo l’innesco multiplo a far pendere la bilancia dalla parte dell’atto doloso.

Sì, perché solo tre giorni prima il capannone della Ipb Italia srl (nata nel 2015 nel Novarese) – a cui la proprietaria Ipb srl (costituita nel 1997 e che non risulta avere legami né amministratori in comune con l’altra ditta dal nome quasi identico) aveva ceduto in affitto il ramo d’azienda sullo smaltimento – era stato visitato dai tecnici della Città metropolitana e dagli agenti della polizia locale. La segnalazione, partita proprio dalla Ipb (che voleva revocare il contratto, stando a quanto trapela, e che a sua volta risulta sospesa dal 15 giugno dall’Albo nazionale dei gestori ambientali fino al versamento dei diritti annui), parlava di movimenti sospetti di mezzi e operai. Movimenti sospetti perché la Ipb Italia non ha mai ottenuto il via libera da Palazzo Isimbardi per il trattamento dei rifiuti: l’iniziale diffida, legata a irregolarità nella fidejussione bancaria, è datata luglio, quando gli ispettori trovano il capannone vuoto. Giovedì la sorpresa: la struttura è piena. Scattano il verbale per esercizio abusivo e la relativa segnalazione in Procura. Tre giorni dopo, il rogo.

Fin qui la situazione dal punto giudiziario, che verrà analizzata da due indagini: la prima, affidata al pm di turno Donata Costa, riguarda le cause dell’incendio, mentre la seconda, seguita dal pm Sara Arduini, si sta occupando del filone della gestione illecita dei rifiuti; a tal proposito ieri c’è stato un vertice in Procura al quale hanno preso parte l’aggiunto del pool «Ambiente, salute e lavoro» Tiziana Siciliano e il pm della Dda Silvia Bonardi, titolare di diversi fascicoli su traffici illeciti di rifiuti. Dal punto di vista ambientale, l’Arpa non ha ravvisato contaminazioni, ma ha riscontrato la presenza di alcune tracce di ammoniaca.

«Il  ministero sta seguendo questa vicenda, un caso che rientra nel discorso delle Terre dei Fuochi, una norma molto attesa che riguarderà anche la Lombardia come l’intero Paese Italia», il commento del ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Lombardia nuova terra dei fuochi? «Prima di fare un’affermazione del genere – frena Scavuzzo – è importante raccogliere tutte le informazioni utili». Intanto, l’argomento verrà trattato lunedì prossimo alle 18 al Municipio 8 in una riunione aperta ai cittadini: «Non possiamo stare a guardare», sostiene l’assessore all’Ambiente Enrico Fedrighini.