
Incendio via Antonini, quel che resta
«In una città sempre più verticale la sfida della protezione al fuoco deve essere una priorità": Andrea Leto di Priolo è esperto nei sistemi di protezione passiva contro gli incendi. Con la sua AF Systems di Milano opera in tutta Europa, Sudamerica e Nord Africa.
Qual è il rischio?
"La città “alta“ presenta ovviamente più criticità. Il sempre maggiore impiego di facciate continue, e in particolare di facciate ventilate con involucri esterni leggeri separati dalla struttura portante da un’intercapedine d’aria (come nel caso di via Antonini), ha aumentato enormemente il rischio di propagazione degli incendi tra un piano e l’altro per il potenziale “effetto camino“ lungo i giunti tra solai e facciata esterna".
Che si è trasformata in una torcia in pochi minuti.
"Meno di trenta. E se la fonte d’innesco fosse stata ai piani inferiori l’incendio sarebbe stato ancora più accelerato dall’“effetto camino“. Nella città verticale c’è un altro tema che va evidenziato: la scelta di materiali per il cappotto di isolamento termico, il cui impatto nel caso del grattacielo di via Antonini è in fase di valutazione, ma che rappresenta un fattore di criticità in una Milano sempre più popolata da edifici molto alti. Soprattutto in anni in cui gli investimenti sulle ristrutturazioni sono sostenuti da incentivi, come bonus facciata e cappotti".
Occhi puntati sui materiali delle facciate.
"Sono ancora spesso combustibili: recentemente, il decreto ministeriale del 25 gennaio 2019 ha introdotto l’obbligo per tutte le attività di valutare i requisiti di sicurezza antincendio delle facciate, facendo ricorso alla guida tecnica diffusa con la circolare del 2013, un passo avanti importante".
Ma non vincolante: è ancora una regola volontaria.
"È questo il punto. Attualmente è necessario, in virtù di quanto successo a Milano e di tutto l’incentivo sul tema della riqualificazione energetica, vigilare sull’applicazione dei principi. Va garantita l’incombustibilità soprattutto per gli edifici più alti, sopra i 24 metri, dai quali è più difficile la fuga e l’accesso esterno per le scale dei vigili del fuoco. Anche sul tema della facciata continua l’accento cade sulla scelta di materiali. Credo si aprirà una discussione importante su questo, come su un altro aspetto: la protezione attiva e passiva delle vie di fuga".
Come?
"Solo un’attenta progettazione di discontinuità e l’impiego di sistemi in grado di sbarrare la strada al fuoco permette di ripristinare per questo tipo di edifici i livelli di sicurezza adeguati. Se pensiamo alla Grenfell Tower di Londra e purtroppo all’esito tragico per gli occupanti, oltre al materiale della facciata è mancata la compartimentazione, con la separazione dei locali o la creazione di locali filtro per arginare l’incendio e tenere le vie di fuga libere dai fumi. Alla Torre dei Moro le regole costruttive interne sembrano avere fatto il loro lavoro e la tenuta del sistema è stato un elemento decisivo per l’evacuazione in sicurezza degli occupanti. Requisiti antincendio per la facciata e nei sistemi interni devono sempre essere contemporaneamente presenti e verificati nella loro corretta applicazione per il contenimento delle conseguenze".
Sono molto diffusi in città i grattacieli con facciate ventilate come la Torre dei Moro?
"Sempre di più negli edifici elevati, perché rispondono a un efficientamento termico, tecnico e a requisiti estetici. Non va a priori limitato e escluso, ma sicuramente pone enfasi sulla necessità di controlli costanti sull’applicazione delle regole tecniche e sulla scelta dei materiali utilizzati".