Milano – “Dammi 20mila euro o vi ammazzo”. Per cercare di imboccare la pista giusta sull’incendio letale nello showroom di via Cantoni 3, la Procura e i carabinieri del Nucleo investigativo si stanno concentrando sulla denuncia per tentata estorsione aggravata che il padre del titolare ha presentato poche ore prima del rogo ai militari della stazione Duomo.
Il quarantanovenne L.Y. ha infatti messo a verbale di essere stato avvicinato sotto casa a Chinatown, nella notte tra mercoledì e giovedì, da una persona che gli avrebbe puntato un coltello e gli avrebbe chiesto una somma ben precisa: 20mila euro. Lo stesso sarebbe accaduto la mattina seguente alla moglie, a due passi dall’emporio in zona stazione Certosa. Due raid con modalità ritenute “anomale“ da chi sta indagando sul rogo costato la vita giovedì sera ai fratelli di 17 e 18 anni Liu Yinjie e Dong Yindan e al designer ventiquattrenne Pan An.
Il quarantanovenne ha descritto un uomo di origine nordafricana, sconosciuto sia a lui che alla signora Z.H., che però doveva sapere bene chi erano i coniugi e dove e come incontrarli. L’uomo ha aggiunto che il misterioso aggressore gli avrebbe mostrato il telefono dove, attraverso Google Translate, aveva tradotto in mandarino la frase che sostanzia il reato di minacce ed estorsione. Ora, però, gli inquirenti vogliono vederci chiaro su questo episodio, che non può non essere messo in relazione alla tragedia dell’incendio, quantomeno fino al responso definitivo dei vigili del fuoco sulle cause. Quell’uomo potrebbe essere stato “ingaggiato” da qualcun altro, l’ipotesi di partenza, per un “recupero crediti”. Il pm Luigi Luzi, che ha seguito l’inchiesta solo nelle prime battute per via del turno, ha disposto gli accertamenti urgenti.
L’inchiesta la coordina al momento il procuratore capo Marcello Viola, che probabilmente domani assegnerà il caso al magistrato competente per dipartimento. Sin dalle prime ore, gli specialisti del Nucleo investigativo di via Moscova, guidati dal colonnello Antonio Coppola e dal tenente colonnello Fabio Rufino, si sono concentrati sulle telecamere, sia quelle installate nella strada in cui vivono i coniugi sia quelle che presidiano via Cantoni e dintorni. Poi ci sono i tabulati telefonici e i conti: la situazione economica della famiglia, mai coinvolta in vicende poco chiare, sarà passata al setaccio. Già oggi sarà disposta l’autopsia sui cadaveri dei tre ragazzi, che hanno cercato vanamente una via d’uscita: uno di loro ha anche chiamato un parente per chiedere aiuto, prima di essere sopraffatto dalle esalazioni killer.E infine, nel fascicolo aperto per incendio doloso e morte come conseguenza di altro reato, confluirà la relazione finale del Nucleo investigativo antincendi, che giocoforza necessita di tempi più lunghi.
È altamente probabile, per non dire certo, che l’eventuale incendiario non sapesse che all’interno ci dormivano Liu, Dong e Pan. Dai filmati registrati dagli occhi elettronici di via Cantoni, emerge il passaggio di diverse persone davanti allo showroom, fino a una ventina di minuti prima delle fiamme. Poi più nulla. Questo particolare potrebbe aprire la strada all’ipotesi di un innesco “ritardato”, che deporrebbe a favore di un piano studiato da qualcuno che voleva vendicarsi o mettere paura. Racket, usura, debiti: si battono tutte le piste di natura “economica“ e si cercano i contatti con le persone del “giro“ dei titolari dello spazio in cui erano esposti i mobili prodotti in Cina.