MARIO CONSANI
Cronaca

Gherardo Colombo e la P2: "Vi svelo i misteri di quell'inchiesta"

L’ex magistrato racconta in un podcast per Rai Play Sound la storia dell’indagine che la Cassazione spedì a Roma

L'ex pubblico ministero di "Mani pulite", Gherardo Colombo

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"Quando gli dicemmo chi c’era in quella lista, il presidente del Consiglio Arnaldo Forlani mostrò di non saperne nulla e farfugliò qualcosa. Proprio non riusciva a esprimere un concetto con parole comprensibili".

Gherardo Colombo è l’ex magistrato che all’epoca insieme al collega Giuliano Turone aveva scoperto solo una settimana prima gli elenchi della loggia P2 guidata da Licio Gelli. Ora in un podcast in dieci puntate per Rai Play Sound che si intitola “Lo Stato parallelo“ racconta come fosse oggi quel viaggio a Roma il 25 marzo del 1981 .

Un pomeriggio surreale, lo ha definito.

"Quando bussammo a Palazzo Chigi per informare il capo del governo, ad aprirci la porta gentilissimo e sorridente venne il prefetto Semprini, il cui nome era nell’elenco. Sapeva benissimo che noi eravamo al corrente, ma il messaggio silenzioso era: vedete, io sono ancora qui".

In quegli elenchi, del resto, c’erano anche i nomi di tre ministri, dei capi dei servizi segreti, di alte sfere dei carabinieri, di uomini politici, giornalisti e imprenditori.

"Il presidente Forlani insisteva sull’inattendibilità delle carte trovate. Ma avevamo anche la domanda di iscrizione alla P2 del suo ministro della Giustizia, così gli chiesi di confrontare la firma su quella domanda che gli mostravamo, con la firma del ministro su qualche altro documento che aveva di sicuro. “Sì, un po’ si somigliano - ammise Forlani poco convinto - ma quella che avete voi è solo una fotocopia“. Presidente, guardi che a Milano abbiamo l’originale".

La documentazione sequestrata a Gelli a Castiglion Fibocchi, Arezzo, l’avevate chiusa in cassaforte.

"Dovevamo tenerla al sicuro perché temevamo che i Servizi sarebbero venuti a portarla via. Perciò poi una copia dei documenti più importanti la infilammo per prudenza in un faldone di un’indagine che riguardava tutt’altro argomento, seguita da un collega dell’ufficio istruzione, Piero Forno. Gli dicemmo che non ne avrebbe dovuto parlare con nessuno nemmeno nel sonno...".

Tanta prudenza, ma meno di sei mesi dopo la Cassazione vi tolse l’inchiesta mandandola per competenza a Roma.

"Se l’inchiesta sulla loggia P2 fosse rimasta a Milano, avremmo scoperto Tangentopoli e il sistema della corruzione con dieci anni di anticipo. Tra le carte sequestrate c’era anche un foglietto con il numero di un “conto protezione“ aperto su una banca elvetica, dove secondo le carte era arrivato del denaro per l’allora segretario nazionale del Psi. La procura di Roma non volle ricevere la rogatoria internazionale dalla Svizzera che avrebbe dimostrato l’arrivo dei soldi. Soltanto dieci anni dopo ce lo spiegò Silvano Larini ( l’architetto socialista che faceva da collettore di tangenti, ndr. ) nelle indagini di Mani pulite".

Il podcast “Lo Stato parallelo“, prodotto da Frame - Festival della Comunicazione per Rai Play Sound (dove è disponibile da ieri) è dunque Il racconto dell’inchiesta che portò alla luce il sistema occulto di potere che si era “impadronito“ delle istituzioni.

Quella della P2 è però anche la storia di una sconfitta giudiziaria, in fondo. Per la Commissione d’inchiesta parlamentare si trattò di un complotto politico, ma in sede penale - a Roma - condanne a Gelli ed altri per reati specifici ma tutti assolti, i piduisti, dall’accusa di cospirazione ai danni dello Stato.

"Credo proprio che se le carte fossero rimaste a Milano la fine di tutta la storia sarebbe stata diversa".

Andrea Borgnino, il responsabile editoriale Rai Play Sound, ieri ha spiegato: "A oltre 40 anni di distanza abbiamo avuto problemi di par condicio per pubblicare questo podcast, dato che alcune delle persone nella lista della P2 sono ancora nella vita pubblica". Anche per questo, una storia da raccontare.