ANNA GIORGI
Cronaca

Inchiesta sulle curve: non è finita qui. Quali sono gli altri possibili filoni d’indagine

Oggi il primo giro di interrogatori: gli ultras arrestati scelgono la strada del silenzio, anche per consentire agli avvocati di leggere le numerose carte prodotte dai magistrati

Una veduta di San Siro (Archivio)

Una veduta di San Siro (Archivio)

Milano, 2 ottobre 2024 – Gli arresti di due giorni fa nel maxi blitz della Dda, condotto da Polizia e Guardia di finanza, hanno svelato le accuse riguardo affari illeciti, dal bagarinaggio sui biglietti fino alle estorsioni su parcheggi e catering a San Siro, le violenze e un patto tra le due curve, la Nord e la Sud, in nome dei business illegali.

Ma se il provvedimento dei pm Paolo Storari e Sara Ombra ha avuto l’effetto di un terremoto all’interno del mondo delle tifoserie, questa prima ondata di arresti potrebbe segnare soltanto l’inizio di un’inchiesta che promette di “inaugurare” presto altri filoni. Ne sono convinti i legali degli arrestati, Mirko Perlino (Andrea Beretta) e Jacopo Cappetta (i fratelli Luca e Francesco Lucci).

I possibili sviluppi

La conferenza stampa in procura a Milano sui risultati dell'inchiesta
La conferenza stampa in procura a Milano sui risultati dell'inchiesta

Scontato appare il sequestro dei beni personali dei capi ultrà e dei loro luogotenenti finiti in cella, così come potrebbe prendere presto il via il filone degli accertamenti sulle ipotesi di spaccio di droga e le relative contestazioni. I fari della procura, infatti, sono accesi su tutti gli illeciti commessi all’interno del mondo delle curve. E non sono un mistero i regolamenti interni e le minacce dovute alla gestione dello spaccio.

Stamattina sono iniziati i primi interrogatori, di otto degli arrestati, giro che proseguirà fino a tarda serata. Per ora la linea seguita dagli indagati è stata quella di avvalersi della facoltà di non rispondere. Potrebbe essere la strategia suggerita agli ultrà dai loro legali, anche in attesa di un quadro più ampio di contestazioni.

L’avvocato di Andrea Beretta

Anche Andrea Beretta, già capo della Curva Nord, è rimasto in silenzio oggi davanti al gip. Aveva “parlato” ieri, dopo un colloquio in carcere, attraverso il suo avvocato Mirko Perlino: “Non c’è stata alcuna pressione per avere le tessere, che venivano regolarmente pagate, sui biglietti non ci sono mai state minacce dirette”.

"L’unica minaccia - ha aggiunto il difensore - è stata ‘se non ci danno i biglietti per Istanbul non ci andiamo’ e a mio parere non è una minaccia, ma è dire o accontentiamo tutti o non ci va nessuno” .

E ancora: “Beretta i rapporti con i calciatori non li aveva, qualcuno ha avuto dei rapporti con i calciatori e che io sappia erano molto cordiali, anche in occasione della finale. La finale - ha concluso il legale Perlino - era un evento fondamentale e forse gli stessi calciatori ci tenevano ad avere il sostegno di una massa di supporter. Era una partita difficilissima. Più il tifo fosse stato numeroso, più questo supporto sarebbe stato favorevole al morale e al risultato”.

L’assassinio dello Zio

Andrea Beretta e Vittorio Boiocchi, capi ultrà interisti: il primo in carcere, il secondo morto ammazzato
Andrea Beretta e Vittorio Boiocchi, capi ultrà interisti: il primo in carcere, il secondo morto ammazzato

Intanto, resta da sciogliere il nodo dell’omicidio di Vittorio Boiocchi, l’ex capo ultrà ucciso sotto casa la sera del 29 ottobre 2022 da due killer in motocicletta, rimasti ancora senza volto. “Berro”, che dello “Zio” è stato braccio destro e “comandante in capo” e che da lui ha ereditato il potere al Meazza, durante il primo interrogatorio dopo l’arresto per l’omicidio di Antonio Bellocco aveva glissato: “Un’idea me la sono fatta, lui aveva tanti interessi. Ma io di questo non parlo”.

Oggi che Beretta si trova con le spalle al muro e i suoi luogotenenti sono stati arrestati potrebbe rivalutare la strada della collaborazione, soprattutto per proteggere la sua famiglia da vendette, dopo l’assassinio del rampollo della famiglia di ‘ndrangheta per il quale si trovava già in carcere prima che questa inchiesta deflagrasse.