Ha una ricaduta lombarda l’inchiesta della procura di Genova che ha fatto scattare gli arresti domiciliari per il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, esponente di primo piano di ‘Noi Moderati’, accusato di corruzione.
Nell’ambito della stessa inchiesta è stato infatti disposto l’obbligo di dimora nel Comune di Boltiere (in provincia di Bergamo) per Arturo Angelo Testa e suo fratello Italo Maurizio Testa, a loro volta accusati dalla procura del reato di corruzione elettorale con la finalità di agevolare l’attività di Cosa Nostra al nord. Nel dettaglio, Arturo Testa lavora al Consiglio regionale della Lombardia, fa parte dello staff di Jonathan Lobati, consigliere regionale e presidente della Commissione Territorio del Pirellone eletto nelle fila di Forza Italia nella circoscrizione di Bergamo. Lobati è a sua volta uomo vicino ad Alessandro Sorte, ex assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti, e attuale coordinatore lombardo di Forza Italia. Arturo Testa ha iniziato a lavorare per il gruppo consigliare forzista all’inizio della nuova legislatura, la seconda del governatore leghista Attilio Fontana. Quanto a Italo Maurizio Testa, è il coordinatore della circoscrizione provinciale di Dalmine di Forza Italia. In passato è stato assessore e consigliere comunale nel Comune di Boltiere, ma si era dovuto dimettere dopo essere stato fotografato a Predappio, nel 2011, nell’atto di fare il saluto romano. In quello scatto compariva anche il fratello.
Dopo la notizia dell’inchiesta i due sono stati sospesi da Forza Italia. "A seguito dell’indagine che li ha visti coinvolti, sono stati sospesi gli iscritti Maurizio Testa e Arturo Testa – si legge nel comunicato diramato dal partito –. Forza Italia, totalmente estranea ai fatti, rivendica i suoi valori garantisti e attende la conclusione delle indagini ed eventuali esiti processuali". Il coordinatore Sorte, però, in una breve dichiarazione, si dice sicuro della loro estraneità ai fatti: "Fiducia nella magistratura. Forza Italia è un partito garantista e siamo fiduciosi che possano dimostrare la loro estraneità. Sono persone che hanno 50 anni di attività politica alle spalle e che tutti conoscono in provincia di Bergamo e in Lombardia".
In particolare, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, i fratelli Testa sarebbero i rappresentanti della comunità emigrata a Genova da Riesi, in provincia di Caltanissetta. In questa veste avrebbero favorito la mafia siciliana, "segnatamente il clan Cammarata del mandamento di Riesi con proiezione nella città di Genova". Così si legge nel comunicato stampa diffuso ieri dagli investigatori per spiegare i dettagli dell’indagine. Tra le contestazioni mosse ai Testa c’è quella di "aver promesso posti di lavoro ed il cambio di un alloggio di edilizia popolare per convogliare i voti degli elettori appartenenti alla comunità riesina di Genova, almeno 400 preferenze, e comunque siciliani verso la lista Cambiamo con Toti Presidente", si legge negli atti dell’inchiesta.
Inevitabile che la questione approdasse quindi in Consiglio regionale, ieri peraltro riunito in seduta ordinaria: "Siamo di fronte ad una pagina inquietante della politica italiana – rimarca Pierfrancesco Majorino, capogruppo del Pd al Pirellone –. Noi siamo ovviamente garantisti, ma non possiamo non dirci preoccupati per il quadro che si andrebbe a delineare se le accuse fossero provate. Un quadro fatto di opacità e rapporti con la criminalità organizzata nel Nord Italia che va approfondito, quindi porteremo la questione in commissione speciale antimafia di Regione Lombardia per svolgere lì alcune valutazioni".
"Pretendiamo sia fatta immediata e assoluta chiarezza in merito alla vicenda, affinché nemmeno il minimo dubbio possa essere avanzato in merito all’impermeabilità del Consiglio regionale lombardo riguardo possibili infiltrazioni mafiose", dichiara, invece, in una nota il capogruppo lombardo del Movimento 5 Stelle, Nicola Di Marco.