Milano – Riconoscimento delle differenze. Revisione dello spazio urbano in un’ottica di efficienza spazio-temporale. È la soluzione proposta da Francesca Zajczyk per giungere ad una città armonica che tenga conto delle esigenze di tutti, soprattutto del genere femminile. La coordinatrice di numerosi progetti volti a contrastare diseguaglianze e stereotipi di genere a Milano, nonché professore ordinario in pensione di Sociologia Urbana all’Università di Milano–Bicocca, e attualmente presidente dell’Agenzia del Trasporto Pubblico Locale Bacino di Milano, propone il suo pensiero.
Per essere sostenibile e inclusiva, le politiche urbane devono tener conto delle differenze. Quali?
"Gli aspetti demografici, gli stili di vita e di mobilità, l’immigrazione, le modalità di relazione, il lavoro e le tipologie contrattuali, i modi di fare della famiglia".
Come promuovere una città che garantisca una migliore qualità di vita per tutti, cittadini e cittadine?
"Occorre rendere più efficiente l’organizzazione della città, dalla gestione e accessibilità dei servizi, alla gestione e uso multifunzionale degli spazi pubblici. Le politiche urbane, i relativi interventi e le azioni proposte non sono quasi mai target oriented. Il più delle volte, almeno in Italia, le politiche urbane sono destinate a una popolazione come “unicum”, neutre per l’appunto. Non vengono, infatti, considerate né le differenti esigenze della popolazione rispetto all’età né le profonde diversità delle donne rispetto agli uomini".
Ad esempio, le differenze tra mobilità femminile e mobilità maschile?
"Esattamente. Nella costruzione della città va considerato invece, ad esempio, che le donne tendono a percorrere tragitti più brevi e articolati degli uomini, poiché le maggiori incombenze domestiche associate alla professione, le inducono a scegliere posti di lavoro più vicini a casa. Inoltre, i loro percorsi sono dettati, oltre che dal raggiungimento del posto di lavoro, dalle esigenze di accompagnamento di bambini e anziani. Quelli degli uomini per lo più dalla necessità di raggiungere il posto di lavoro. Le figure femminili, poi, viaggiano in orari differenti rispetto agli uomini, con orari flessibili o part-time e hanno la tendenza a utilizzare mezzi pubblici, ad andare a piedi e in bicicletta, a viaggiare sull’auto come passeggere. Mentre i maschi usano prevalentemente l’auto".
Non solo il riconoscimento delle differenze, ma anche una nuova gestione della città attraverso l’organizzazione del tempo, dagli orari all’accessibilità.
"La ri-pianificazione temporale della città porta con sé tre grandi obiettivi. La diluizione della domanda di mobilità privata e pubblica nell’arco delle 24 ore della giornata, che si accompagna ad un grande impulso alla ciclabilità e alla walkability. Inoltre, una flessibilizzazione e desincronizzazione degli orari di inizio e fine delle attività dei servizi pubblici, soprattutto socio-educativi, di quelle del commercio e delle attività ludiche e ricreative. Infine, il tema della prossimità: una sorta di comunità-quartiere in cui è garantito l’accesso fisico di prossimità ai servizi pubblici, prima di tutto, ma non solo, favorendone anche la fruizione attraverso i servizi digitali".
La città a 15 minuti: una città a dimensione di donna. Una sfida per il futuro?
"Ritengo che l’obiettivo da perseguire sia quello di condurre una vita meno affannata, che conceda tempo per sè stessi e per i propri cari. Una città bella, non inquinata, con spazi pubblici e verdi, accoglienti e sicuri concepiti come luoghi e occasioni di condivisione e incontro; una città che favorisca la mobilità pubblica e dolce, i servizi e il lavoro nei quartieri, il benessere e la sostenibilità. Come stanno facendo a Parigi e Barcellona: per persone che camminano o vanno in bici e non solo per le auto che hanno invaso quasi tutto lo spazio accessibile".
Una sorta di “gender city manager” potrebbe essere una svolta per Milano?
"Assolutamente sì. Attribuire a livello istituzionale ruoli chiave a figure femminili, tra cui, appunto la nomina in particolare di una city manager, come fatto a Vienna fin dagli inizi degli anni ’90. Ma anche favorire esigenze e bisogni soprattutto delle donne attraverso processi decisionali bottom-up, come l‘interessante caso di Berlino".
Una misura importante: il bilancio di genere. Dovrebbe essere adottato in tutte le amministrazioni pubbliche?
"Gli scopi principali del bilancio di genere sono molteplici. Sicuramente fotografare la distribuzione delle risorse dedicate alle misure sociali e di eguaglianza, anche al fine di renderla più trasparente. Monitorare le azioni delle Pubbliche Amministrazioni a favore dell’eguaglianza e della parità di genere. Ma anche programmare nel lungo periodo azioni per l’uguaglianza, tra cui idonee misure di conciliazione e condivisione. Infine, il bilancio di genere permette di valutare l’impatto di genere delle politiche".