ANNA GIORGI
Cronaca

Indagine sul sistema mafioso lombardo: 11 arresti. Ma il giudice smonta l’impianto dell’accusa

La maxi inchiesta ha svelato una nuova alleanza, la prima stabile e duratura, fra Cosa Nostra, ’Ndrangheta e Camorra in Lombardia. Per il gip però sono evidenti solo “contatti tra persone appartenenti ai clan e in ogni caso afferenti a singoli affari leciti e illeciti”

La maxi-indagine condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri e coordinata dalla Dda di Milano

La maxi-indagine condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri e coordinata dalla Dda di Milano

Un «sistema mafioso specificamente lombardo» è la novità che emerge dalla maxi-indagine condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri di Milano e di Varese e coordinata dalla Dda di Milano che ha portato a undici misure di custodia cautelare in carcere (su 154 indagati) emesse dal gip Tommaso Perna.

Quattro anni di indagini hanno delineato soprattutto una nuova alleanza fra le mafie, tre diverse organizzazioni di stampo mafioso, unite per fare affari in tutti gli ambiti economici: «Cosa Nostra, ’Ndrangheta e Camorra con struttura confederativa orizzontale nell’ambito della quale i vertici di ciascuna delle tre componenti si pone sullo stesso livello», si legge nelle carte del gip Perna.

Cosa Nostra: operante tra Milano e Varese attraverso l’attività di esponenti mafiosi di Trapani collegati al mandamento di Castelvetrano con al vertice Matteo Messina Denaro. ’Ndrangheta: operante a Milano e nei comuni limitrofi, Bollate, Pioltello, Erba, Desio. Camorra: gruppo Senese collegato alla famiglia operante nel territorio di Roma con al vertice Michele Senese.

Il “sistema lombardo“ teneva le riunioni in spazi commerciali di proprietà privata a Dairago, a Busto Garolfo, Cinisello Balsamo e Abbiategrasso e lì pianificava l’attività illecita.

Estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, acquisizioni di armi, esercizio del controllo del territorio anche attraverso interventi per la risoluzione delle controversie derivanti da affari illeciti come la restituzione di un debito, la vendetta per una aggressione subita. Inoltre il “sistema“ imponeva il versamento di somme di denaro nella cassa comune detta “bacinella“ destinate al sostentamento dei detenuti di ciascun componente...«i carcerati napoletani, calabresi e siciliani vanno mantenuti prima di ogni altra cosa a questo mondo!»

É emerso che “il sistema lombardo“ manteneva contatti con il mondo istituzionale e politico, imprenditoriale e bancario a vari livelli in modo da averne favori, notizie riservate, relazioni, finanziamenti per rinforzare e aumentare il potere e il prestigio della organizzazione.

Un altro elemento che emerge dalla organizzazione era la capacità di condizionare il libero esercizio di voto: «Abbiamo un bel pacchetto voti da portare qualcuno in Europa, abbiamo preso un partito, una bella lista civica, l’hanno fatta le mie cugine, sono tutte avvocatesse eh...»

E ancora: «le tre organizzazioni unite mettevano in atto sofisticate manovre finanziarie comprensive di cessioni di grossi falsi crediti di imposta e false fatturazioni per crediti inesistenti attraverso un sistema di società intestate a prestanomi, alcune delle quali con sede a Londra e in Usa a Delaware che ripulivano proventi illeciti derivanti da una serie di delitti».

L’indagine rappresenta una innovazione nel settore della criminalità organizzata. «Se fino ad ora si erano registrate collaborazioni più o meno estemporanee e più o meno durature di organizzazioni criminali diverse nella spartizione del territorio e delle fette di mercato - si legge nelle carte di convalida - questa ultima indagine ha evidenziato l’esistenza tra le diverse componenti siciliana, calabrese e romana, per la prima volta, di un accordo stabile e duraturo, un sistema di anime multistrutturate composto da gruppi in origine disomogenei ma oggi associati da un fine comune: trarre ingenti profitti anche apparentemente leciti, ma in realtà illeciti che costituiscono la fonte delle entrate della organizzazione mafiosa e il collante tra le stesse».

E ancora: «Lo sforzo del nucleo investigativo dei carabinieri di Milano e di Varese coordinato dalla Dda ha consentito di delineare nuove dinamiche che attraverso azioni di basso profilo e basso impatto evidenziano un network criminale molto evoluto espressione di un sistema di tipo confederativo nel quale le mafie ortodosse proiettano interessi economici e criminali estremamente qualificati».

La custodia cautelare in carcere è stata emessa per: Gioacchino Amico, Francesco Bellusci, Rosario Bonvissuto, Giacomo Cristello, Giuseppe Fiore, Pietro Mazzotta, Dario Nicastro, Francesco Nicastro, Massimo Rosi, Sergio Sanseverino, Giuseppe Sorce. Rispondono a vario titolo di estorsione, in alcuni casi con l’aggravante del 416 bis. 

La Pm Alessandra Cerreti si è vista smontare la maxi inchiesta dal gip Tommaso Perna, che ha concesso solo 11 arresti, e ha fatto ricorso al Riesame.

Per Il gip Tommaso Perna è assente la prova dell'esistenza del vincolo associativo tra molti sodali. Secondo il gip nella maxi inchiesta dei carabinieri sono evidenti solo "contatti tra persone appartenenti ai clan e in ogni caso afferenti a singoli affari leciti e illeciti”.