NICOLA PALMA
Cronaca

L’infermiera con il doppio lavoro: "Separata, lo stipendio non basta"

La dipendente del San Carlo ha svolto per quattro anni attività professionali per due ditte private :"Avevo un figlio da mantenere e l’affitto da pagare". Ma arriva la condanna della Corte dei Conti

I giudici non si sono impietositi di fronte alla storia difficile dell’infermiera

Milano, 7 ottobre 2020 - Per quattro anni , tra il 2007 e il 2011, ha lavorato come libera professionista per due ditte private, una di Milano e l’altra di Massa, incassando complessivamente 18mila euro. Peccato che M.M., all’epoca assunta come infermiera a tempo indeterminato dal San Carlo, non abbia mai chiesto l’autorizzazione alla dirigenza dell’ospedale per svolgere quelle mansioni retribuite presso altre aziende, violando il dovere di esclusività. Quando nel 2013 i vertici dell’istituto clinico l’hanno scoperta, comminandole due sanzioni disciplinari e chiedendole di restituire quanto guadagnato, la donna ha ammesso le condotte contestate, parlando di "buona fede" e di "esigenze economiche familiari".

Una linea che l’infermiera oggi quarantaseienne ha tenuto anche davanti alla Corte dei Conti, a cui il San Carlo (nel frattempo diventato parte dell’Asst Santi Paolo e Carlo) si è rivolto per ottenere quei 18mila euro: nella memoria depositata un mese fa dal suo avvocato, la donna si è detta "obbligata a parallelo lavoro privato da condizioni di indigenza per uno stipendio non elevato, un figlio da mantenere con modesto contributo del coniuge separato, un affitto da pagare e da gravi condizioni di salute documentate". Di più: M.M. ha specificato di aver sempre svolto quelle attività extramoenia "al fuori dell’orario di lavoro" e "con la consapevolezza che altri colleghi versavano nella tollerata medesima condizione". Una difesa che non è bastata a ottenere l’assoluzione, ma che è servita a ridimensionare l’entità dell’importo da versare. I giudici hanno ricordato che il legislatore ha imposto ai dipendenti pubblici il divieto di svolgere attività extralavorative per preservarne "le energie" e per "tutelare il buon andamento della pubblica amministrazione". Detto questo, sono comunque previste alcune deroghe, e le mansioni svolte dall’infermiera rientravano in quella casistica; tuttavia, la diretta interessata avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione all’ospedale.

Ciò non è avvenuto : "L’inosservanza di tale basilare precetto – la sottolineatura – comporta per tutti i dipendenti, compresi quelli in part time, sia sanzioni disciplinari che la sanzione pecuniaria oggetto del contendere". Una sanzione ridotta da 18.074,38 euro a 14.460 euro (detratta la ritenuta d’acconto "già operata dall’erogatore") e ulteriormente diminuita a 8.100 euro per via "dell’ineccepibile curriculum professionale" di M.M., del "suo leale riconoscimento della condotta contra legem", delle circostanze familiari, reddituali e di salute accertate e della "negligente carenza di attività formativa/divulgativa nella materia a cura dell’amministrazione di appartenenza".