
Il ladro "trasformatosi" in assassino, Dawda Bandeh; a destra, i rilievi sul luogo del delitto
Milano, 23 aprile 2025 – Dell’omicidio, ha detto, non ricorda nulla. Rammenta, invece, di aver trascorso parecchio tempo nella casa del delitto, in via Randaccio, dove si era intrufolato a caccia di qualcosa da rubare.
L’interrogatorio
È stato interrogato dal gip del tribunale di Milano oggi, mercoledì 23 aprile, Dawda Bandeh, il ventottenne di origini gambiane fermato la sera di Pasqua all’interno di una villa nelle vicinanze dell'Arco della Pace, con l'accusa di avere strangolato il collaboratore domestico dei proprietari di casa.
L'uomo, apparso tranquillo davanti al giudice Domenico Santoro, ha ammesso di essere entrato nell'abitazione e di avere trascorso lì diverse ore mangiando e dormendo, ma di non ricordare nulla dell'omicidio del sessantunenne, il filippino Angelito Acob Manansala, che abitava in zona Biccoca con la compagna Laurelia, con la quale avrebbe dovuto convolare a nozze nel prossimo ottobre.

La strategia
È probabile che il legale del 28enne, l'avvocato Federica Scapaticci, chieda una perizia per stabilire se il suo assistito sia capace di intendere e di volere. La decisione del gip sull'arresto – convalida ed eventuale misura cautelare – è attesa nelle prossime ore.
Prosegue intanto il lavoro degli investigatori della Questura di Milano che domenica sera hanno individuato e bloccato Dawda Bandeh all'interno della villa, dove probabilmente era entrato per rubare. A chiamare il 112 il proprietario, un cittadino israeliano di 52 anni, che al rientro da una breve vacanza ha trovato la porta di casa aperta e, all'interno, il giovane gambiano e il domestico filippino morto. Solo poche ore prima il 28enne era stato bloccato dai carabinieri per un altro tentativo di furto e poi rilasciato su disposizione dell'autorità giudiziaria.