Milano, 8 ottobre 2024 – La rapida ascesa al direttivo della Nord, dopo la riappacificazione con il capo della Sud che inizialmente aveva posto il veto. L’amicizia con “Sandokan” e il litigio in un locale. I contatti con Nazzareno Calajò e i commenti su due fatti di sangue ancora senza colpevoli.
Le telefonate con un killer di mafia degli anni Ottanta. Storie di malavita e criminalità da stadio si intrecciano attorno alla figura del quarantacinquenne palermitano Francesco Intagliata, uno dei 19 arrestati dell’operazione “Doppia Curva” di Squadra mobile e Sco che ha azzerato i vertici del tifo organizzato rossonerazzurro.
Le pressioni
Negli atti dell’indagine della Dda che ha scandagliato l’indotto nero di San Siro e acceso i fari anche sulle pressioni degli ultrà nerazzurri su membri del club di viale della Liberazione (oggi dovrebbe essere sentito il tecnico dell’Inter Simone Inzaghi sulle telefonate con il frontman Marco Ferdico per la questione dei biglietti della finale di Champions League del 2023), viene citata ad esempio la vicenda che vede contrapposti Francesco Intagliata e Luca Lucci: quando il primo sta per entrare nel gotha della Nord con la benedizione del triumvirato Bellocco-Beretta-Ferdico, il “Toro” si mette di traverso.
Il motivo? I dialoghi captati dagli investigatori non lo spiegano fino in fondo, ma si intuisce che l’ostilità di Lucci derivi dal legame strettissimo tra Intagliata e il suo ex socio alla pari nella Sud Giancarlo “Sandokan” Lombardi, accusato dal “Toro” di aver tramato alle sue spalle per riprendere il controllo degli ultrà rossoneri.
Le telefonate
“Io per quello ti ho mandato a chiamare tre volte... ma ne ero certo... hai capito? Poi è normale che se uno non viene alla prima, non viene alla seconda, la terza... dico vabbè... non c’è bisogno più che ci vediamo...”, lo sfogo di Lucci il 23 febbraio 2023.
A quel punto, Intagliata capisce che deve trovare una soluzione, anche perché i capi della Nord lo stanno “scaricando” su diktat di Lucci: “Lui ha detto – gli spiega Ferdico – tutte le cose che facciamo insieme per stima e rispetto con Andrea... se tra le tue file c’è gente che non è buona, non puoi più avere a che fare con me... e quindi dividiamoci”.
Frasi che per i pm rappresentano la “cartina al tornasole” della regia occulta di Lucci nel progetto di unificazione della curva interista sul “modello Milan” dopo la morte di Boiocchi.
L’incontro
Alla fine, i due si vedono al bar quartier generale di Cologno Monzese (con Ferdico che osserva a distanza) e trovano un accordo: Intagliata rinnega Lombardi (che tempo prima l’aveva cacciato da un locale di via Doria) ed entra nel direttivo, il patto di non belligeranza è salvo. Nelle carte c’è pure altro su Intagliata, “persona di fiducia della famiglia Calajò e di Antonio Sinagra”.
Amicizie pericolose
Nelle conversazioni con Nazza, il ras della Barona condannato di recente a 17 anni e 9 mesi per droga, e con altri pregiudicati, il palermitano fa più volte riferimento al tentato omicidio di Enzo Anghinelli, miracolosamente sopravvissuto a un agguato a colpi di pistola la mattina del 12 aprile 2019 in via Cadore: l’idea che emerge è che “Enzino” (che gli intercettati descrivono come vicino anche a Vito Cosco, responsabile della strage di Rozzano del 22 agosto 2003) sia stato aggredito per aver sfidato con il gruppo emergente Black Devil (spalleggiato dietro le quinte proprio da Lombardi) l’egemonia della Curva Sud al Meazza.
Non è finita. Si parla di Boiocchi e del movente del raid killer a Figino il 29 ottobre 2022: “È andato a rompere i c. dove ci sono le cose e lo hanno ammazzato a Vittorio... è andato a rompere il c. a chi aveva il c. a chi aveva le cose... ha preso la curva come niente... era sua da mo’, e quando è uscito per rispetto gliel’hanno ridata! Poi siccome sei andato a nuocere, diciamo così, e non l’ha voluto più bene nessuno”.
Il killer di Cosa Nostra
Intagliata contatta più volte anche Antonio Sinagra, suo concittadino classe ’59, “killer dell’organizzazione criminale mafiosa Cosa Nostra appartenente alla famiglia di corso dei Mille, già capeggiata da Filippo Marchese”, coinvolto nel processo sull’omicidio datato 9 marzo 1979 del segretario provinciale della Dc Michele Reina e arrestato subito dopo l’assassinio di Diego Di Fatta. Condannato all’ergastolo nel 1988 e recluso a Opera, dal 31 marzo 2022 è in licenza premio straordinaria nella casa di famiglia a Segrate.