Milano è la più “brava“ d’Italia per i risultati raggiunti dai suoi studenti nelle competenze alfabetiche e numeriche alle superiori, ma è anche quella in cui tra i ragazzi di 14 e 18 anni è più basso il tasso di iscrizione a scuola. Una Milano a due velocità emerge anche nell’ultimo focus di Istat, che mostra una radiografia dei “Giovani nelle città metropolitane“ e della “fragilità dei percorsi educativi“, analizzando e comparando la fascia 0-24 nelle diverse città metropolitane italiane.
Il primo dato evidente in questo studio - che intreccia la condizione, l’offerta e i percorsi di istruzione dei ragazzi - è la disomogeneità del territorio nazionale, a tutti i livelli. Premessa imprescindibile è il calo della natalità e della fecondità: al primo gennaio 2024 nelle 14 città metropolitane risiedono 4,8 milioni di giovani di 0-26 anni, rappresentano il 22,6% della popolazione con una perdita di 10 punti percentuali rispetto al 1993. In questo quadro le prime differenze: a Milano la fascia 0-14 rappresenta oggi solo il 12,5% della popolazione, quella tra i 15 e i 24 anni il 9,8%; è quest’ultima fascia a essersi contratta particolarmente rispetto al 1993. Se il calo demografico era stato compensato parzialmente dai flussi migratori, "nell’ultimo decennio l’apporto delle migrazioni non è sufficiente ad attenuare in maniera consistente il calo della natalità".
Guardando ai più piccoli e ai servizi all’infanzia, l’obiettivo di copertura è del 75% dei Comuni, valore raggiunto solo dalla metà delle città metropolitane. Ma Milano “fa scuola“ con valori superiori al 90%. Resta anche la capitale del tempo pieno alle primarie, offerto all’87,8% degli iscritti contro la media nazionale del 49,5% e rispetto a città - come Palermo - dove il “tempo pieno“ è fruito da meno del 6% degli alunni. Parallelamente, se Napoli e Bari primeggiano per percentuale bimbi di 4-5 anni iscritti alle scuole, a Milano e hinterland emergono divari e la partecipazione sembra calare. Come alle superiori. Soffermandoci sulla fetta di popolazione tra i 14 e i 18 anni, nel 20/22 il 94,5% dei ragazzi risulta iscritto alle scuole superiori a livello nazionale, dato in aumento rispetto al 2018/2019, ma a Milano questa percentuale scende all’84,1%. A salire sono invece i risultati di chi studia: i “low performer“, ovvero coloro che non hanno raggiunto livelli sufficienti nelle competenze alfabetiche e numeriche non superano il 36% in un contesto italiano preoccupante: "Nell’anno scolastico 2022/23 una parte consistente degli studenti della terza media non raggiunge un livello di competenza almeno sufficiente, i cosiddetti low performer, evidenziando potenziali debolezze nel sistema scolastico già al termine del primo ciclo della scuola secondarie dove, in particolare, il 38,5% risulta low performer per le competenze alfabetiche mentre il 44,2% lo è per la competenze numeriche", spiegano da Istat.
Ma il capoluogo lombardo insieme a Venezia presentano i più bassi tassi di partecipazione: l’indicatore si ferma all’84,1% ed è inferiore di oltre 10 punti percentuali rispetto alla media delle città metropolitane. Focalizzandosi su Milano e hinterland si nota ancora anche la “fuga“ verso le scuole del centro e della città rispetto alle prime e seconde cinture urbane.
Torna anche un tema: incentivare la partecipazione all’istruzione secondaria di secondo grado (e poi anche all’università) dei ragazzi che non hanno la cittadinanza italiana: la loro partecipazione si avvicina appena all’80%. Guardando alla fascia dai 15 ai 19 anni, a Milano città ha almeno il diploma di scuola media il 99,2% degli italiani e il 93,4% degli stranieri; tra i 20 e i 24 anni, ha il diploma di scuola di superiore il 93,3% dei giovani con cittadinanza italiana e solo il 55,1% degli stranieri. La forbice si allarga.
Filo conduttore dell’intero report di Istat una consapevolezza, sancita già nelle prime righe: "I giovani rappresentano il fulcro per progettare lo sviluppo e la crescita di un Paese in cui la società e l’economia siano coese, inclusive e sostenibili. È necessario che la componente giovanile di una popolazione sia dotata delle conoscenze e delle competenze appropriate". Da tenere presente e sottolineare in un Paese dove nel 2022 il 9% dei giovani tra i 15 e i 24 anni non studia né lavora, entrando nella popolazione dei cosiddetto Neet, che è in diminuzione rispetto al 2018 e che sfiora il 6% a Milano, ma che in un paese e in una città che ha sempre meno giovani preoccupa eccome.