Milano, 11 luglio 2023 – “Non mi sento un poeta. Men che meno “maledetto“. Sono solo un artigiano che ce la mette tutta per realizzare il suo sogno: trasformare la sua bottega in qualcosa di grande".
L’insegna gialla è al piano terra del palazzone Aler di via dei Panigarola 5 al Corvetto: “Beaudelaire“, si legge.
È il nome del calzolaio di quartiere, Beaudelaire Nicaise N’guessan per l’esattezza, nato in Costa d’Avorio 29 anni fa, figlio d’arte perché ha imparato la tecnica dal papà e dallo zio, calzolai, raffinandola anno dopo anno. "In Italia c’è molta più attenzione ai dettagli. La scarpa deve essere bella oltre che comoda. C’è una raffinatezza che non si trova nel resto del mondo". Nel suo atelier, oltre a riparare suole e tacchi, crea calzature da zero e ha ideato anche un suo marchio che ha una doppia anima: italiana e africana. Accanto ai macchinari made in Italy, appese al muro ci sono due statuine del suo Paese. Per i cittadini è diventato un punto di riferimento "anche perché i calzolai a Milano sono sempre meno; pochi giovani che sognano di diventare artigiani delle calzature. Pochi sono quelli che vanno a bottega per imparare a rimettere in sesto una scarpa". Mentre lui è cresciuto affascinato da questo mondo. Per il suo nome "la mamma si è ispirata al celebre Baudelaire, l’autore de “I fiori del male“, ma l’ha cambiato leggermente per mettere il suo tocco personale".
"Io sono arrivato in Italia quando avevo 13 anni. Ho frequentato ragioneria ma ho sempre preferito il lavoro, tanto che dopo la scuola andavo ad aiutare mio zio nel suo negozio". Immaginandosi già dietro un bancone tutto suo.
Nel 2019, la svolta: "Mi è stato assegnato questo spazio da Aler, in un’ex portineria, e l’ho trasformato nel mio laboratorio dopo i lavori di ristrutturazione". Da allora, ogni giorno fa la spola tra Vigevano, dove vive, e il quartiere Corvetto. "Sono attivo tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.30". Le richieste dei clienti? "Le più disparate, mi chiedono spesso l’impossibile, anche di far resuscitare scarpe che sarebbero da buttare". E quasi sempre Beaudelaire riesce a fare il miracolo. Altro che “maledetto“, per molti è un angelo. "Tanti miei clienti sono anziani, con piedi problematici, e non possono rinunciare alle loro scarpe, spesso le uniche con le quali possono camminare senza sentire dolore. Con il tempo hanno preso la forma dei loro piedi e comprarne un altro paio sarebbe un guaio, non solo per il fattore economico ma anche a livello pratico, perché quelle sono le “loro“ scarpe comode. E io riesco a renderle come nuove, risulandole e riparando le parti rotte".
Il periodo più duro è stato quello del Covid, "perché come tanti artigiani ho dovuto chiudere. Ma fortunatamente sono riuscito a resistere". E ha notato che "dopo la pandemia sono cambiate le abitudini: le persone tendono molto di più a riparare ciò che si rompe, piuttosto che buttare gli oggetti e ricomprarli. Vale anche per le scarpe. Molti chiedono di salvarle anche per una questione affettiva, perché magari appartenevano a un familiare o a una persona che non c’è più".
Impossibile dire quante paia di scarpe ripari al giorno, "dipende dal tipo di lavoro richiesto. Sicuramente, i periodi in cui lavoro di più sono i cambi di stagione. Le principali richieste: risuolature, sostituzione di tacchi, creazione di scarpe su misura", il cui costo varia a seconda dei modelli e dei materiali (si parte da 180 euro).
Gli farebbe piacere insegnare il mestiere a un ragazzo, "al momento mi ha scritto solo una giovane, dalla Svizzera, ma l’apprendistato non è mai iniziato. Per fare questo lavoro bisogna avere passione e non temere la fatica. Ma di soddisfazioni ne arrivano tante". E chissà se un giorno suo figlio, che oggi ha 4 anni, seguirà le sue orme. "Diventerà quello che vorrà. Deve seguire i suoi sogni come ho fatto io. Ovunque lo porteranno".