MARIO CONSANI
Cronaca

Jaafar, il giallo della morte in bici. Dopo dieci anni dall’incidente sulla via Emilia ancora un giudizio

Milano, il giovane alla guida condannato solo per omissione di soccorso: dubbi sulla dinamica dell’incidente

Giustizia lumaca per un caso di incidente nel Milanese

Milano, 10 agosato 2013 –  Sono passati dieci anni e ancora non si sa, esattamente, come morì Jaafar Bassiri, un trentenne travolto da un’ auto mentre era in sella alla sua bicicletta. Successe una sera di agosto del 2013 lungo la via Emilia all’altezza di Vizzolo Predabissi, alle porte della metropoli, mentre si stava scatenando un forte temporale. Dieci anni dopo, a metà settembre, arriva davanti alla corte d’appello milanese la causa civile intentata dai familiari del ragazzo.

Molto di quello che avvenne quella notte è stato accertato. Alla guida della Lancia Y che investì il ciclista c’era un ragazzo, Simone A., all’epoca 22enne, che in sede penale è stato in via definitiva assolto dall’accusa di omicidio colposo ma altrettanto definitivamente condannato per omissione di soccorso e suo padre per simulazione di reato. Il ragazzo non si fermò dopo l’impatto, questo è sicuro, e il genitore, la mattina dopo, andò a denunciare il furto della vettura (molto danneggiata dall’incidente) che loro stessi in realtà avevano abbandonato.

Come si spiega allora l’assoluzione di Simone per l’incidente? Il giudice ritenne, nonostante tutto, che la colpa del sinistro non fosse accertata oltre ogni ragionevole dubbio. E anche in sede civile il giovane alla guida è stato, in primo grado, assolto.

Il problema è che sulla dinamica dei fatti gli esperti sono arrivati a conclusioni opposte. Il consulente della procura di Lodi ha ritenuto che si trattò di un tamponamento; il perito del giudice ha concluso che fu invece Jaafar con la sua bicicletta a tagliare la strada alla Lancia Y.

Sono già trascorsi dieci anni e la corte d’appello di Milano dovrà tornare a porsi il problema. Per l’avvocato Nicola Brigida, che difende i familiari della vittima, è fondamentale una domanda: se l’impatto è avvenuto lateralmente e la bici incastrata sotto la vettura è stata trascinata per più di venti metri, perché sull’asfalto non è rimasto alcun segno? Una risposta sensata, finora non è stata trovata. E questo perché, secondo il legale, si trattò di un tamponamento: la bici salì sul cofano rompendo il parabrezza e venti metri dopo fu l’autista dell’auto a fermarsi per liberarsene.

Fra l’altro, sostiene sempre il legale, se Jaafar fosse stato investito mentre tagliava la strada alla vettura provenendo da sinistra, la sua gamba destra avrebbe dovuto portare i segni evidenti dell’impatto, e invece su quella gamba ebbe solo delle escoriazioni.