Era il 4 marzo 2022 e Jacopo Tissi, prima star italiana del Bolschoi, lasciava in tutta fretta Mosca allo scoppio del conflitto Russia-Ucraina. Dalla Scala, aveva seguito il direttore Makhar Vaziez nella capitale russa, crescendo e brillando sempre più. Adesso Jacopo, 29 anni, torna nella sua Milano, al centro del Gala Les Étoiles che Daniele Cipriani porta al Teatro degli Arcimboldi il 29 e 30, con tanti bei nomi in cartellone, tra cui Eleonora Abbagnato e Polina Semionova, e stelle da Amburgo, New York, Amsterdam, Berlino. Già al centro del suo gala “Past Forward”- "Yuri Possokhov negli USA ha fatto un pezzo per me", ricorda - Tissi era rientrato alla Scala ("mi hanno subito riaccolto", dice), come special guest per “Giselle”, “Schiaccianoci”, “Romeo e Giulietta”, Lago dei cigni”, “Bayadère”, stabilendosi intanto ad Amsterdam, primo ballerino di Het Nationale Ballet, e chiamato come ospite nei teatri del mondo.
Cosa rimane dell’esperienza intensa al Bolshoi?
"In questo momento buio, dopo la fuga senza piano B, mi resta una grande esperienza di vita e artistica: conoscenza del grande repertorio, acquisizione di stile, insegnamento personalizzato - per me il maestro Alexander Vetrov - partner eccezionali; è un percorso che mi ha definito; il metodo e il ritmo di lavoro al Bolshoi sono impareggiabili; sapevo cosa lasciavo; sono grato e felice di quel che ho vissuto. Ora ne ho consapevolezza, perché nelle crepe entra la luce. C’è voluto coraggio".
Hai contatti con gli amici in Russia?
"Cinque anni di vita insieme non si dimenticano".
Come funziona invece in Olanda?
"Quando sono entrato nella compagnia nazionale olandese volevo ampliare i miei orizzonti, sperimentare nuove coreografie e nuovi autori. Hans Van Manen ha voluto seguire personalmente le mie prove di ‘Four Schumann Pieces’, nato per Anthony Dowell e danzato anche da Nureyev. Ho gustato un approccio rivoluzionario come quello sofisticato di Paul Lightfoot e Sol Léon, successori di Kylián; ma ho pure danzato classico in ‘Giselle’, proiettata anche al cinema, e nel ‘Don Chisciotte’ filologico di Ratmansky".
Cosa si vedrà ora a Milano?
"Due estratti da ‘Corsaire’ con Olga Smirnova, che pure ha lasciato la Russia, uno brillante e uno più romantico, dalla versione ‘sovietica’ di Serguyev".
Agli Arcimboldi ci sono altre star maschili, molto speciali, come Sergio Bernal e Daniil Simkin. È cambiata la fisionomia dei ballerini oggi? È più ampia e più varia?
"Sergio arriva da un’altra tradizione, quella del flamenco e del bolero, di ‘carattere’, ma ha una splendida versatilità. Daniil ha un virtuosismo esplosivo, rapidissimo".
Ci sono tanti modi di essere ballerino oggi. Balletto narrativo o astratto? Danza moderna?
"L’importante è avere una fame artistica. Sperimentarsi in cose diverse, superare i propri limiti, avere l’intelligenza di scegliere cosa fare, rimanendo se stessi, scavarsi dentro per quel ‘mondo altro’ che è la scena".
Che consiglio dare ai giovani vittime di bullismo per non essere “conformi” al modello etero-dominante? La danza è una zona franca per superare i pregiudizi identitari?
"Siamo ancora purtroppo a parlare di ‘differenza’, di pregiudizi. Anche per me non è stato facile l’approccio alla danza, quando ero l’unico maschio in una classe di ragazze e in una piccola città come Landriano, dove sono nato. Ai giovani direi che bisogna difendere il proprio sogno. Il balletto è un’arte che chiede molto ma dà molto in cambio. Oggi dopo Béjart e Nureyev c’è una grande evoluzione e nella danza non c’è solo la grazia, ma c’è anche la forza. La danza accoglie ed è una via d’accesso alla bellezza".