NICOLA PALMA
Cronaca

Jhoanna pestata a mani nude e poi soffocata dal compagno: tutte le bugie di Gonzales, dal “gioco erotico” alla scomparsa

L’esame ha rilevato numerose ecchimosi sul cadavere della quarantenne. “Non ci sono ferite da coltellata”. Smentita la versione del gioco erotico. La confessione all’amico, la richiesta del box e il borsone nell’Adda

Jhoanna Nataly Quintanilla Valle, quarantenne originaria di El Salvador

Jhoanna Nataly Quintanilla Valle, quarantenne originaria di El Salvador

MILANO – Non un gioco erotico finito male, ma un’aggressione deliberata. Non un incidente, ma un pestaggio. I primi esiti dell’autopsia sul corpo di Jhoanna Nataly Quintanilla Valle mettono pesantemente in discussione la versione dell’assassino reo confesso, il compagno Pablo Heriberto Gonzalez Rivas, che aveva spiegato al gip di aver spezzato il collo per errore alla quarantenne. L’esame sul cadavere della baby sitter salvadoregna, eseguito ieri all’istituto di medicina legale di Pavia, pare smascherare l’ennesima bugia del quarantottenne: le numerose ecchimosi lasciano infatti pensare a un raid brutale, avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 gennaio; e l’assenza di ferite compatibili con l’uso di un’arma da taglio fa ipotizzare che l’uomo abbia colpito a mani nude, per poi soffocare la convivente.

I test istologici racconteranno il resto; così come la prova del Dna e le operazioni per ripristinare le impronte papillari (molto deteriorate dopo più di un mese in acqua) daranno la certezza scientifica che il corpo ripescato nell’Adda domenica appartenga proprio a Jhoanna. La prima a segnalare la sparizione della quarantenne è stata la cardiologa che l’aveva assunta come baby sitter per i suoi bambini: la mattina del 28 gennaio, ha chiamato il 112 per riferire che la donna non si era presentata come previsto.

Solo tre giorni dopo, il compagno ha presentato la denuncia di scomparsa ai carabinieri della stazione Musocco, generando così i primi accertamenti. In realtà, Jhoanna era già morta da sei giorni. A confermarlo ai militari del Nucleo investigativo, coordinati dall’aggiunto Maria Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo e guidati dal colonnello Antonio Coppola e dal tenente colonnello Fabio Rufino, sono state le immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza a presidio dello stabile di piazza dei Daini 4: una telecamera puntata sul monolocale al piano terra ha ripreso l’ultimo ingresso della donna poco prima delle 19 del 24 gennaio, ma non ne ha mai immortalato l’uscita. Lo stesso occhio elettronico ha documentato i movimenti di Gonzalez: poco prima delle 2 è uscito di casa e si è diretto verso i box, tornando con un borsone in spalla; un’ora dopo, ha aperto la porta dell’appartamento ed è uscito trascinando la stessa valigia, stavolta piena e pesante, per sistemarla sui sedili posteriori della sua Fiat Punto.

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Nel tardo pomeriggio, si è messo al volante dell’utilitaria e ha guidato fino alla zona tra Cassano d’Adda e Treviglio, come accertato dal tracciato del cellulare e dai dati dei sistemi contatarghe. Dopo essere stato fermato per omicidio, il quarantottenne ha detto al giudice di essersi disfatto del corpo in un fossato senz’acqua, ma le ricerche a vuoto dei vigili del fuoco hanno amplificato i sospetti su una versione di comodo, probabilmente messa a verbale per evitare che venisse trovato il cadavere. Che è stato rinvenuto nell’Adda domenica scorsa, lì dove gli specialisti della Omicidi di via Moscova pensavano fosse sin dall’inizio. L’inchiesta ha fatto emergere anche che l’uomo avrebbe confessato il delitto a un amico, chiedendogli di trovargli un box o una cantina per nascondere il corpo. E il movente? Gonzalez avrebbe detto alla compagna della relazione con un’altra donna, in arrivo da El Salvador, chiedendole di andare via di casa per lasciarle spazio. Una scoperta che ha sconvolto Jhoanna, che conviveva con l’uomo in zona Bicocca da sei anni, e che probabilmente ha innescato l’agguato letale.