di Andrea Gianni e Nicola Palma
MILANO
4 settembre 2019, il blitz dei carabinieri rientra nella strategia anti-abusivismo della Prefettura. La segnalazione di alcuni residenti, insospettiti dai continui movimenti nei sotterranei, porta i militari nei box degli stabili popolari. Lì trovano un vero e proprio arsenale: un fucile mitragliatore d’assalto Ak 47 kalashnikov, un revolver Franchi-Llama 38 special e una semiautomatica Beretta 7.65 rubati in due furti in abitazione tra Milano e il Piemonte, 195 munizioni di diverso calibro, un giubbotto antiproiettile e un’uniforme da guardia giurata. Non basta: negli spazi comuni del condominio, le unità cinofile dell’Arma scovano anche 160 grammi di cocaina, 21,3 chili di hashish, 1,3 di marijuana e un flacone di olio di hashish. Un sequestro a carico di ignoti.
Ora si scopre che gli investigatori della stazione Greco Milanese, guidati dal maresciallo capo Raffaele Vitale, sono riusciti a identificare chi avrebbe avuto la materiale disponibilità del deposito di armi e droga. Vale a dire chi di quei casermoni è sempre stato considerato il ras: Christian Filippo Braidich, arrestato domenica scorsa (nel giorno del compleanno) in un ristorante di Mariano Comense dopo una fuga iniziata lo scorso 22 giugno con l’evasione dal carcere di Bollate. L’altro ieri, il quarantunenne è subito comparso in Tribunale proprio per il processo nato dall’operazione "Bicocca Criminale" di cinque anni fa; con lui sono finiti sotto accusa anche alcuni familiari, compresi quelli che hanno già scelto la strada del patteggiamento. Stando a quanto ricostruito dall’inchiesta coordinata dai pm Isabella Samek Lodovici e Carlo Scalas, la prima svolta è arrivata nelle settimane successive al blitz dal videoclip del brano "Pablo Neruda" dell’artista Oro Bianco (non coinvolto nella vicenda): in quel filmato, che richiama le classiche pose da rapper di strada e che è ancora disponibile sui social, si notano chiaramente sia il kalashnikov che diversi esponenti della famiglia Braidich, a cominciare da Christian Filippo. Un modo, forse, per ribadire la propria supremazia su quell’angolo problematico di città e per mettere il suo marchio anche sull’opera di un musicista. Una mossa che, col senno di poi, non ha fatto altro che incastrarlo.
Da lì infatti i carabinieri hanno avuto uno spunto per collegare l’arma da guerra all’uomo e ai suoi parenti, avviando così attività tecniche mirate e intercettazioni telefoniche: dall’ascolto dei dialoghi, hanno accertato che il quarantunenne impartiva ordini agli altri sia sullo spaccio di stupefacenti sia sul commercio illegale di auto (è accusato anche di concorso nel riciclaggio di cinque veicoli). Un’attività di coordinamento che non si è interrotta neppure nel momento in cui Braidich è finito in cella il 20 luglio 2019, arrestato a Varazze per la sparatoria avvenuta quaranta giorni prima in corso Como. Le indagini hanno fatto emergere che il pregiudicato aveva a disposizione un cellulare nel carcere di Pavia e che l’ha utilizzato in più occasioni per comunicare con l’esterno. Ma quella è un’altra storia.