Klaus Davi assalito davanti alla moschea di Milano: “Mi hanno circondato, la città è fuori controllo”

Il video dell’aggressione davanti al centro islamico di viale Jenner, auto della polizia presa a calci dal gruppo. Il giornalista: “Sono stati mandati da un capo cosca arabo”

Alcuni fotogrammi del video dell'aggressione. Al centro, Klaus Davi

Alcuni fotogrammi del video dell'aggressione. Al centro, Klaus Davi

“Milano è fuori controllo, ha subappaltato intere zone alla criminalità organizzata sia italiana che araba”. È durissimo il commento del giornalista Klaus Davi dopo l’aggressione che ha subito venerdì pomeriggio davanti alla moschea di viale Jenner a Milano

Davi stava realizzando delle interviste sull’orientamento della comunità musulmana rispetto alle elezioni americane quando alcune decine di persone lo hanno circondato, tentando di sequestrargli l’attrezzatura. Un referente del centro islamico – ha raccontato l’esperto di mass media – ha tentato di sottrargli la telecamera utilizzata per le interviste. Il giornalista si è rifiutato a più riprese di consegnare il materiale e si è rifugiato in un bar vicino al luogo di culto.

A quel punto un gruppo di cinque-sei persone lo ha inseguito nel locale e ha continuato ad aggredirlo e insultarlo. Dopo pochi minuti di alta tensione, nel bar sono entrati tre agenti della Digos di Milano, che hanno prelevato il giornalista e lo hanno portato via. L’auto di servizio della polizia è stata bersagliata da calci e pugni

“Quei giovani sono stati mandati da un capo cosca arabo. Mi auguro che ora, oltre a parlare tutto il tempo delle presunte trame del Mossad, a Milano si possa far luce sulle associazioni mafiose che gestiscono alcuni di questi centri culturali e davanti alle quali lo Stato in questi anni è sembrato arrendersi per buonismo o sottovalutazione” ha dichiarato Davi. “È vero che sia io che gli agenti abbiamo rischiato la vita, come gli stessi poliziotti, che ringrazio, hanno ribadito a più riprese nel corso della fuga in auto dalla moschea, ma è anche vero che qualcuno deve pur mostrare cosa è diventata la mia città. Per cui andrò avanti con le mie inchieste finché qualcuno prenderà provvedimenti seri”, ha concluso il giornalista.