ANDREA GIANNI
Cronaca

Milano, la battaglia dei lavoratori dell’Odeon: "Noi, trattati come oggetti. Salvate il cinema"

Fabio Ruggiero è uno dei lavoratori costretti al trasferimento. Dal trio comico a “Barbie“, 18 anni dietro la “macchina dei sogni“ "Io e la mia compagna dovremo andare a Parma, è un ultimatum"

Milano, 10 agosto 203 –  Il primo ricordo professionale è legato al passaggio di Aldo, Giovanni e Giacomo al Cinema Odeon, negli anni 2000, per le anteprime dei film del trio comico. L’ultimo giorno di lavoro è stato memorabile per la folla di spettatori in coda per la proiezione di “Barbie“. Poi giù il sipario sul multisala nel cuore di Milano, dopo 94 anni di storia, e un destino in bilico per una ventina di lavoratori dietro le quinte della "macchina dei sogni". Fabio Ruggiero, delegato sindacale della Slc-Cgil, 43 anni, è uno dei venti dipendenti di The Space Cinema che hanno ricevuto la lettera di trasferimento fuori Lombardia da parte del colosso delle sale. Un "ultimatum" d’agosto, perché il primo settembre dovrà prendere servizio a Parma, a quasi 130 chilometri di distanza dalla sua città. "Dopo aver dato tutto per l’Odeon – racconta – ci stanno spingendo verso il licenziamento. Noi lottiamo per i nostri diritti, non accettiamo di essere trattati come oggetti".

Fabio, quando ha iniziato a lavorare all’Odeon?

"La passione per il cinema è un’eredità di famiglia, perché mio padre lavorava in un’azienda produttrice di proiettori. Io ho iniziato all’Odeon come maschera nel 2005, 18 anni fa. Poi sono passato di livello e per dieci anni ho lavorato come proiezionista, subendo infine un demansionamento che mi ha portato a lavorare come addetto polivalente, una sorta di tuttofare. Nel 2005 eravamo il doppio: il personale che è uscito non è stato mai sostituito. Stanno costringendo ad andarsene persone che lavorano all’Odeon anche da 30 anni. Abbiamo stipendi che in media, per un part time,sono sui mille euro al mese".

Migration

L’Odeon è una sala in crisi?

"Assolutamente no. Anzi, dopo il lungo stop imposto dalla pandemia c’è stata un’ottima ripresa. La chiusura non è di certo dovuta alla mancanza di spettatori, quanto piuttosto a scelte unilaterali dell’azienda, che avrebbe potuto proseguire perché l’affitto scade il 31 dicembre 2024. L’Odeon non è solo un cinema, ma ospita ogni giorno uno o due eventi. Compleanni, anteprime, presentazioni musicali. È doloroso vedere chiusa una struttura stupenda, con sale che sono opere d’arte".

Come vi è stato comunicato il trasferimento?

"C’è stato un lungo silenzio sul nostro futuro. Poi, due giorni dopo la chiusura, abbiamo ricevuto a sorpresa le lettere di trasferimento. A me e a mia moglie - anche lei lavora all’Odeon - sono state assegnate due sale diverse a Parma. Altri dovranno trasferirsi a Genova o Verona, una collega addirittura in Puglia".

Con quale criterio hanno scelto queste sedi?

"Con criteri totalmente unilaterali, che non hanno neanche tenuto conto delle disabilità, della presenza o meno di figli e di familiari da assistere. Non c’è stato alcun dialogo e non è stata offerta alcuna indennità di trasferta. Sembrano sedi scelte apposta per spingere le persone a non presentarsi, dando così l’occasione per licenziarci per assenza ingiustificata".

Come vi state muovendo?

"Per me e per i colleghi questo trasferimento è improponibile e per questo lo abbiamo impugnato. Chiediamo all’azienda di fare un passo indietro, e di ricollocarci nelle sale del Milanese. Io e mia moglie avevamo in programma di andare in vacanza ma abbiamo rinunciato: siamo preoccupati per il nostro futuro, ci sentiamo in un limbo e il primo settembre si avvicina".

Che cosa rappresenta, per voi, la chiusura dell’Odeon?

"Non è solo un luogo di lavoro ma un simbolo per Milano, con una storia di quasi un secolo. Noi abbiamo dato tutto, e gli spettatori ci hanno ringraziato manifestando la loro solidarietà".

Sull’Odeon è intervenuto anche il sottosegretario Vittorio Sgarbi, contro una diversa destinazione d’uso del palazzo.

"Per noi quel palazzo dovrebbe continuare a ospitare un cinema, e la riapertura sarebbe un sogno. Noi, con le nostre professionalità e la nostra esperienza, ci mettiamo a disposizione, anche se sul futuro non c’è niente di certo".