Il primo passo della battaglia politica, dopo "oltre tre anni di inerzia delle istituzioni", è stato mosso nel “parlamentino“ della zona dove tutto è iniziato, il Municipio 5 di Milano. Un quartiere di Milano che il 29 agosto 2021 è stato teatro del rogo della Torre dei Moro in via Antonini: un maxi-incendio che fortunatamente non ha provocato vittime ma ha lasciato senza casa le famiglie. Da allora il comitato di abitanti si sta muovendo su più fronti. La ricostruzione del grattacielo è iniziata, con la posa simbolica della prima pietra, mentre è in corso il processo a carico di progettisti, costruttori e fornitori dei materiali con cui furono costruite quelle facciate avvolte in pochi istanti dalle fiamme. L’obiettivo messo nero su bianco di "fare in modo che i decisori politici affrontino il tema della sicurezza antincendio in un’ottica di adeguamento delle norme italiane sui materiali da costruzione ammessi", portato avanti anche attraverso contatti con le associazioni degli abitanti della Grenfell Tower di Londra e dei condomini Campanar di Valencia, sopravvissuti a incendi dalla dinamica simile che hanno provocato morti e feriti, si è invece scontrato con un muro di gomma. E si attende ancora il monitoraggio, sollecitato più volte, degli edifici costruiti con materiali pericolosi.
"Esistono diversi vuoti normativi che questo evento ha fatto emergere e che bisogna colmare – si legge in una relazione del Comitato Antonini 32 – ma dopo tre anni non è stato fatto nulla per risolvere questi problemi". Gli abitanti della torre, rappresentati da Mirko Berti, sono stati ascoltati dalla commissione Casa del Municipio 5. Hanno illustrato le loro proposte sintetizzate in un documento redatto con associazioni di professionisti, raccogliendo l’impegno a sollecitare Palazzo Marino sugli aspetti di competenza comunale. Il primo passo di un’azione nei palazzi comunali e regionali, con la consapevolezza che "il vuoto normativo può essere colmato solo dal Parlamento" rimasto finora in silenzio. Così come è stato silente l’assessore alla Sicurezza della Regione Romano La Russa, perché la richiesta di un incontro avanzata dal comitato è rimasta ancora lettera morta. Tra i vuoti normativi "la mancanza di un protocollo per chi è coinvolto in un disastro che non ha matrice naturale", l’Imu che resta da pagare anche se lo stabile è inagibile, l’assenza di misure standard per "offrire una soluzione abitativa appropriata per situazioni straordinarie come la nostra".
Il comitato ha illustrato ai consiglieri di zona anche gli interventi che potrebbero essere applicati a livello nazionale e locale: "Un monitoraggio sugli edifici che potrebbero avere pannelli simili a quelli di via Antonini oltre a quelli interessati da efficientamento energetico che hanno utilizzato il bonus 110%", perché "a Valencia dopo soli tre giorni dall’incendio di Campanar hanno individuato altri 8 edifici e avviato le operazioni di bonifica", mentre in Italia si è mossa solo la prefettura di Varese. Poi "inserire il divieto di installazione di materiali combustibili in facciata e sui tetti degli edifici alti", una revisione "della normativa antincendio nazionale", formazione sui fattori di rischio incendio "a tutti gli operatori che accedono per ragioni di lavoro alle abitazioni, in particolare di persone fragili", l’istituzione della figura del "responsabile della progettazione antincendio" e bonus legati alla sicurezza. Una messa al bando generale dei materiali pericolosi. "Dal 2021 sono stati espressi tanti buoni propositi – conclude Mirko Berti – ma è il momento di passare dalle parole ai fatti e superare l’inerzia, facendo arrivare il messaggio a Roma".