Che cos’è la bioeconomia circolare. Mario Bonaccorso, giornalista, blogger e direttore del cluster della bioeconomia circolare Spring, ha scelto questo titolo per la sua ultima "fatica letteraria", un saggio pubblicato da Edizioni Ambiente che si propone come "una miniera di informazioni preziose" su un modo di produrre che si fa strada in tutto il Pianeta e può portarlo sul sentiero di uno sviluppo sostenibile.
Mario Bonaccorso, partiamo dal titolo aggiungendo un punto interrogativo: cos’è questa bioeconomia circolare di cui parla?
"È un’economia che usa fonti biologiche e rinnovabili, lasciando le fonti fossili come gli idrocarburi nel sottosuolo. Nella sua declinazione circolare, questa nuova modalità di produrre beni e servizi si basa anche sul continuo riutilizzo dei materiali che consumiamo".
Qualche esempio?
"Se ne possono fare tanti, dai più semplici ai più complessi. Quando andiamo al supermercato compriamo un sacchetto compostabile che poi serve per la raccolta differenziata dei materiali organici che a loro volta vengono utilizzati per produrre biofertilizzanti e biocombustibili come il biogas o biometano. Le biomasse possono essere già oggi utilizzate per creare una vasta gamma di prodotti in vari settori: dal tessile all’industria del packaging alimentare fino a quella automobilistica, solo per citarne alcune. Con la canna da zucchero si possono per esempio produrre pneumatici, come fanno in Brasile".
Ma siamo davvero pronti a convertirci alla bioeconomia?
"Ovviamente il processo sarà graduale ma è un passaggio obbligato se vogliamo davvero affrontare i problemi legati alla salvaguardia del Pianeta, ai cambiamenti climatici e alla sostenibilità del nostro modello di sviluppo economico. Le massime autorità politiche mondiali ne sono consapevoli da tempo. Non a caso, già dal 2012 l’Europa si è dotata di una prima strategia per lo sviluppo della bioeconomia, poi aggiornata negli anni successivi. Pure gli Stati Uniti si sono mossi nella stessa direzione".
E i Paesi emergenti?
"Si stanno muovendo anche loro. Anzi, purtroppo oggi l’Europa rischia di perdere terreno rispetto a paesi come Cina, Brasile e gli stessi Stati Uniti, dopo essere stata in passato all’avanguardia nell’utilizzo di fonti biologiche e nello sviluppo delle biotecnologie industriali. Mi rammarico che nel Pnrr non vi sia traccia di questi temi. Idem per l’agenda Dragh"i.
Di recente l’amministratore delegato di Eni, Claudio De Scalzi, ha attaccato l’ideologia green dell’Unione Europea. Cosa ne pensa?
"Mi sembra che Eni sia un’azienda in prima linea nello sviluppo delle bioraffinerie, da Porto Marghera a Gela fino a Livorno. Oggi la nuova frontiera della bioeconomia è proprio nella chimica, dopo che ne abbiamo già visto gli effetti nella farmaceutica. In questo senso mi sembra. Credo però che De Scalzi abbia ragione nel criticare la scelta di favorire solo l’elettrificazione a discapito dei biocarburanti avanzati".
In Italia a che punto siamo?
"Anche in questo caso devo dire con rammarico che, come per l’Europa intera, abbiamo perso un po’ di terreno. E pensare che negli anni ’80 eravamo pionieri, grazie alla Montedison di Gardini dove è nata Novamont, oggi leader mondiale nel mercato delle bioplastiche. A quel tempo persino gli Stati Uniti ci prendevano a esempio".