CLAUDIO NEGRI
Cronaca

"La chiave sempre lì sulla finestra" come cantava Lucio

L'articolo riflette sulla pratica di lasciare le chiavi sul davanzale, un tempo comune e socialmente accettata, e sul cambiamento della fiducia nel prossimo nel corso del tempo.

"La chiave sempre lì sulla finestra" come cantava Lucio

L'articolo riflette sulla pratica di lasciare le chiavi sul davanzale, un tempo comune e socialmente accettata, e sul cambiamento della fiducia nel prossimo nel corso del tempo.

Uscendo di casa - la vecchia casa del cortile - la nonna lasciava la chiave sul davanzale della finestra, dietro i gerani. Non una mossa astuta, ma una volta lo facevano tutti e senza spiacevoli conseguenze. Chi non aveva i gerani nascondeva la chiave dietro le dalie. O le ortensie. E se ne andava a fare la spesa o altre sue faccende. Una pacchia per i ladri, andare a colpo sicuro alla finestra, frugare tra i fiori (l’odore quasi sanguigno dei gerani) e pescare la chiave. Ma i ladri non lo facevano quasi mai, solo in casi disperati. Forse anche loro, uscendo, lasciavano le chiavi sul davanzale. Forse vigeva un minimo garantito di codice morale tra i malviventi, rubare in quel modo sarebbe stato ignobile, come scippare il gelato a un bambino. O forse in quelle case c’era ben poco da rubare.

E poi il cortile e le ringhiere sempre vocianti erano un perfetto meccanismo di controllo sociale, altro che le telecamere. Non ci sono più i ladri d’una volta? Per intenderci, i ladri di polli. O di galline. O, parlando dei più efferati, i ladri di polli e di galline insieme. Chissà. Sui giornali dell’epoca non capitava mai di leggere titoli come “Lascia la chiave sul davanzale: i ladri ringraziano”. Eppure era anche allora un mondo difficile, pieno di svaligiatori seriali, lupi mannari dello scasso e compagnia bella. La fiducia nel prossimo, quella sì, ha conosciuto qualche mutazione. Un amico domanda: "Lascereste la password di accesso del computer o della carta di credito in un post-it in bella vista sullo zerbino di casa?". Sopra lo zerbino no, ma sotto era un altro posto per celare una chiave e pazienza se poi si vedeva la gobbetta. Il tenero nascondiglio del davanzale, sia detto di passaggio, era anche assai utile per gli altri familiari non dotati di chiave, i quali rincasando trovavano l’uscio sprangato: "La chiave, ricordati, è sempre lì / lì sulla finestra" certificava cantando Lucio Battisti, mica uno qualsiasi. La chiave di una volta era grossa, bruna, medievale. Faceva tloc-tloc. Era bello chiudersi alle spalle il mondo e dormirci su. Come il sonno di Carlo Magno visitato da un angelo nel Danois Ogier: "Dimmi, spirito, da che parte sei entrato? L’uscio è chiuso e serrato...".