Uscendo di casa - la vecchia casa del cortile - la nonna lasciava la chiave sul davanzale della finestra, dietro i gerani. Non una mossa astuta, ma una volta lo facevano tutti e senza spiacevoli conseguenze. Chi non aveva i gerani nascondeva la chiave dietro le dalie. O le ortensie. E se ne andava a fare la spesa o altre sue faccende. Una pacchia per i ladri, andare a colpo sicuro alla finestra, frugare tra i fiori (l’odore quasi sanguigno dei gerani) e pescare la chiave. Ma i ladri non lo facevano quasi mai, solo in casi disperati. Forse anche loro, uscendo, lasciavano le chiavi sul davanzale. Forse vigeva un minimo garantito di codice morale tra i malviventi, rubare in quel modo sarebbe stato ignobile, come scippare il gelato a un bambino. O forse in quelle case c’era ben poco da rubare.
E poi il cortile e le ringhiere sempre vocianti erano un perfetto meccanismo di controllo sociale, altro che le telecamere. Non ci sono più i ladri d’una volta? Per intenderci, i ladri di polli. O di galline. O, parlando dei più efferati, i ladri di polli e di galline insieme. Chissà. Sui giornali dell’epoca non capitava mai di leggere titoli come “Lascia la chiave sul davanzale: i ladri ringraziano”. Eppure era anche allora un mondo difficile, pieno di svaligiatori seriali, lupi mannari dello scasso e compagnia bella. La fiducia nel prossimo, quella sì, ha conosciuto qualche mutazione. Un amico domanda: "Lascereste la password di accesso del computer o della carta di credito in un post-it in bella vista sullo zerbino di casa?". Sopra lo zerbino no, ma sotto era un altro posto per celare una chiave e pazienza se poi si vedeva la gobbetta. Il tenero nascondiglio del davanzale, sia detto di passaggio, era anche assai utile per gli altri familiari non dotati di chiave, i quali rincasando trovavano l’uscio sprangato: "La chiave, ricordati, è sempre lì / lì sulla finestra" certificava cantando Lucio Battisti, mica uno qualsiasi. La chiave di una volta era grossa, bruna, medievale. Faceva tloc-tloc. Era bello chiudersi alle spalle il mondo e dormirci su. Come il sonno di Carlo Magno visitato da un angelo nel Danois Ogier: "Dimmi, spirito, da che parte sei entrato? L’uscio è chiuso e serrato...".