SIMONA BALLATORE
Cronaca

La città dell’infanzia: "Invertiamo la rotta ripartendo dai bambini:. Milano è un laboratorio"

Scavuzzo: "La denatalità non è un alleato per superare carenze del personale. Investire e ridare dignità al ruolo dell’educatore. Facciamo squadra con gli atenei. Progetti in periferia contro la fuga verso il centro: riscoprite le scuole di quartiere".

La città dell’infanzia: "Invertiamo la rotta ripartendo dai bambini:. Milano è un laboratorio"

Scavuzzo: "La denatalità non è un alleato per superare carenze del personale. Investire e ridare dignità al ruolo dell’educatore. Facciamo squadra con gli atenei. Progetti in periferia contro la fuga verso il centro: riscoprite le scuole di quartiere".

"Non può essere la denatalità l’alleato che fa superare le criticità della scuola o la carenza del personale. È proprio questo il momento di invertire la tendenza, rimettendo al centro i bambini, gli educatori e gli insegnanti". Anna Scavuzzo, vicesindaco e assessore all’Istruzione del Comune di Milano, inquadra la sfida nel giorno di chiusura del Forum dell’Infanzia, che per tutta la settimana ha avuto come filo conduttore i diritti dei più piccoli, con oltre 20 fra convegni e workshop, più di 200 attività pratiche, laboratori ed eventi diffusi che hanno coinvolto decine di migliaia di persone.

Primo bilancio?

"Sono soddisfatta. Si è percepito quanto sia importante e sentito il tema: ci lavoravamo da un anno. Le iniziative hanno avuto una dimensione internazionale, abbiamo unito tutti i pezzi della città: scuole, municipi, associazioni, università. Abbiamo cominciato la settimana mettendo le educatrici e gli educatori al centro del Consiglio comunale. Non è retorica".

Ripartiamo da qui. Crescono le esigenze delle famiglie, aumentano le fragilità. Uno dei problemi cronici è la mancanza di educatori. Che fare per invertire la rotta?

"Prima di tutto c’è un tema: va restituita dignità al ruolo e alla professione dell’educatore e dell’insegnante. Non basta una pacca sulla spalla. Ci stiamo confrontando con l’ufficio scolastico e le Uonpia sulle fragilità che stanno aumentando, e anche su percorsi formativi che coinvolgono la comunità educante e non solo il singolo. Stiamo facendo conoscere esperienze d’eccellenza che spesso si danno per scontate, che si ha quasi il pudore di mostrare. Giusto esporre le problematiche aperte, come la carenza di insegnanti di sostegno, ma occorre anche uno sguardo pedagogico che abitui tutti all’inclusione. Servono politiche orientate verso le famiglie, più solide, investimenti. E bisogna riflettere sulla Milano città educativa".

Una città-laboratorio: è nata qui la sperimentazione del metodo Montessori estesa alle scuole medie, che è appena diventata orientamento. Si stanno diffondendo formule di educazione outdoor. C’è fermento?

"Sì. E il punto è anche quanto Milano permea la scuola e quanto la scuola si apre alla città. Ci sono rapporti stretti con le associazioni, si comincia a scoprire la città durante il nidi e la scuola dell’infanzia. Penso poi alla “Scuola natura“, ai Patti educativi, alle riflessioni aperte sul tema dell’autismo e al metodo montessoriano che promuove l’inclusione".

Investire anche su questi metodi può arginare il fenomeno del whiteflight, la fuga delle famiglie italiane verso il centro?

"Sì, abbiamo riletto anche in questi giorni il lavoro fatto e pensato a come arricchire ulteriormente il piano dell’offerta formativa e a come il Comune possa promuoverlo. Ci sono esempi concreti di come generare un contro-flusso, come nel Municipio 4, al comprensivo Maria Teresa di Calcutta".

Bisognerebbe ripristinare le scuole di bacino?

"Una riflessione credo che andrebbe fatta. Non dico di tornare alla prescrizione tout court, ma sarebbe utile riscoprire le scuole di quartiere a maggior ragione nelle città che si trasformano così velocemente come la nostra. Alle scuole dell’infanzia abbiamo il sistema del “contapassi“ per le iscrizioni: genera un meccanismo premiale e funziona. Le scuole in periferia non sono meno curate. C’è un investimento per migliorare la qualità dell’offerta formativa importante: l’idea è che ogni quartiere sia centrale di per sé".

Quali sono le sfide aperte? Su cosa bisogna lavorare di più?

"Dobbiamo investire ancora di più sul rapporto con le nostre università: abbiamo tanti progetti aperti, avere un quadro di insieme e condividere scenari potrà affinare meglio il lavoro che facciamo. E dobbiamo mantenere alta un’attenzione comunicativa e di racconto, che non è marketing. Dobbiamo condividere di più progetti, contenuti e il lavoro quotidiano per creare maggiore consapevolezza. Non tanto e solo nelle famiglie che già conoscono i nostri servizi. Restituiamo questa centralità all’infanzia, la bellezza delle esperienze oltre che le fatiche. Stiamo pensando anche di ospitare altre iniziative internazionali sui temi educativi, che possono trovare casa qui, coltivando le collaborazioni in corso con altri Paesi".

Recentemente avete approvato anche le “Raccomandazioni di Milano per lo smartphone“: la città deve fare sentire la sua voce su questi temi?

"Sempre di più: è nostra responsabilità, soprattutto per non lasciare sole le famiglie più fragili. Ma va fatto senza ideologia, cercando alleanze con pediatri e pedagogisti, con le famiglie e con le scuole. Non si tratta di dare divieti, ma richiamare a necessarie attenzioni. Abbiamo raccolto 15mila questionari, aperto tavoli tecnici, siamo partiti dagli adulti che devono prendere decisioni che hanno conseguenze sui più piccoli, ci saranno altri appuntamenti nelle università, nelle commissioni: dobbiamo preoccuparci maggiormente della nostra dieta digitale".