
Primo presidente della Lombardia, ex assessore, protagonista della politica "Già nel 1978 mi preoccupavo della nostra posizione nel contesto mondiale".
A Milano la sua nascita, 96 anni fa. Insieme artefice e personaggio della storia politica e di una dynasty da inserire nell’edizione aggiornata di “De magnalibus urbis Mediolani“. Profeta di "Milanesi senza Milano". Sul “Reinventare Milano“, domani alle 11 a Palazzo Marino, farà discutere esperti e giovani.
Eppure, Piero Bassetti, perché ritiene impreciso identificarla come “milanese“? "Mi sono ricordato che nel 1978, introducendo il mio “Occidente scomodo“, Peter Nichols (corrispondente del Times) mi definì ‘planetarist’". Futurista, autentico milanese. "Traduciamo: uomo politico che vede la posizione di Milano e dell’Italia nel contesto dell’intero pianeta".
Come? "La vedevo nella sua arretratezza epocale". Fatalmente? "Sono immune dal fatalismo. Regionalista, convinto che il concetto di nazione non potesse più generare futuro, intuivo che gli italiani, troppo fresca nazione, potessero farsi attrarre verso un originale sviluppo europeo. E i politici in questa prospettiva svolgere un ruolo determinante".
I contemporanei, tuttora incapaci, rileggano "L’Italia si è rotta? Un federalismo per l’Europa", da aggiornare magari in "L’Europa si è rotta?". Come aggiustarla? "L’Europa, semplifichiamo, si può fare solo se la facciamo come la Confederazione Svizzera. Mi ci sto applicando, con fidi collaboratori".
La cosiddetta “Banda Bassetti“? "Evitiamo che i lettori mi scambino per capo mafia. Neppure capocorrente sono stato all’interno della DC". Più corretto ‘amici’? "Ci sono l’amico ‘sociale’ e l’amico ‘politico’. Io e i miei pochi amici ‘social-politici’ pensiamo che la politica sia una cosa importante".
Pensiero anomalo, sì, per un figlio dell’alta borghesia industriale milanese. Dove si è formato? "Al liceo classico Gonzaga. Poi Bocconi e Cornell University, a Ithaca, Stato di New York. Non segnalai il ritorno a casa e ricevetti, come tutti gli iscritti, la cartolina precetto Usa. Ho invece voluto fare l’esperienza della naja vera, quella nazionale, come sottotenente di artiglieria".
Primo presidente della Lombardia (‘70-‘74) e poi della Camera di Commercio (‘82-‘97), erede spirituale del patriota federalista Carlo Cattaneo, ha trasmesso la simpatia per l’arte con etimo da “polis“? "Non mi pare ai 9 nipoti e attuali 2 pronipoti. E neppure ai miei 5 figli, che stanno uno a New York, uno in Colombia, uno in Brasile, due a Milano".
Torniamo ai suoi genitori. Dal padre Felice (e lo zio Giannino), la lombarda Bassetti, la più importante azienda tessile nell’Italia del boom. Un cenno a sua madre? "Mamma Ottavia era una “ragazza del ‘99“. I suoi compagni, interventisti, rubavano la bandiera al preside del Parini e quasi tutti, a 18 anni, ci rimisero la pelle, durante la Grande Guerra, per far trionfare il Tricolore".
Pregiudizio milanese: la politica è per chi non ha niente da fare. Ha cercato di smentirlo facendo l’assessore al Bilancio? "Sì, dal 1956 al ‘66 con i sindaci Ferrari, Cassinis e Bucalossi. Nell’assegnarmi l’incarico, mi fecero firmare che ero ‘alfabeta’. Normativa piemontese risalente a un’Italia di analfabeti al 98%".
Démodé il legame potere-sapere? "Mai! La politica riconosce realtà e problemi, i politici devono saperli risolvere (più che gridare)".
Perciò il Grattacielo Pirelli, simbolo dell’imprenditoria lombarda, fu scelto per accreditare l’immagine della neonata dinamica Regione? "Lo aveva fatto costruire mia suocera Anna Bonomi (a Piazza Affari “la Signora della finanza“ ndr). Persuasi la Pirelli in crisi a venderlo e la Regione lo acquistò sebbene mi piacesse molto l’idea di collocare la sede del nuovo ente alla Villa Reale di Monza".
D’accordo persino i comunisti sul Pirelli. Non prevedibile casa di moderne scartoffie? "Semmai cervello di un Ente innovatore, in un territorio ben più ampio della cinta daziaria della città, con una concezione moderna del tempo e della distanza".
Basta con “Milan e poeu pu“? "Tout bal. Milano arriva, come il Frecciarossa, fino al capolinea delle sue funzioni. Sulla frontiera dell’Europa Nord e del Mediterraneo da salvare, è nodo di una metropoli planetaria".
In effetti, appese nel suo studio, dove ci parliamo, nel cuore silenzioso di Milano, queste antiche carte topografiche prospettano il centro di un groviglio... "Le ho destinate al Comune". Sta guardando ‘oltre’? "Un amico, vede, su quella lastra ha scritto: “Galleggia nella vita/ la sensazione dell’oltre...“. Mi riconosco, nei milanesi infiniti benefattori, per testamento, dell’Ospedale Maggiore. Ma ho anche lasciato il mio archivio (150 metri lineari di faldoni, ndr) a disposizione dei ricercatori grazie a un accordo tra la Fondazione Bassetti e l’Università Statale. Più si va avanti più diventa importante ciò che è ‘oltre’, dopo e prima".