Lucidi
Non è rimasta neppure la pia illusione che "a Natale siamo tutti più buoni", come si diceva un tempo. In nove giorni sono stati arrestati tre pirati della strada a Milano: un camionista 24 enne incensurato che investe una madre, la uccide e scappa; un dirigente del Comune 61enne che travolge un’altra madre e pigia sull’acceleratore invece di soccorrerla; un altro 61enne, addetto alle pulizie pure lui con la fedina penale immacolata, che dopo l’incidente frena, guarda in faccia la donna ferita che ha travolto, e fugge.
Poi, sempre lo stesso copione: "No. Non sono stato io". E quando gli agenti mostrano prove inoppugnabili della loro colpevolezza: "Scusate, non me ne sono accorto". Sì, come no. L’ennesima bugia smentita dai fatti. Ormai più vicini all’orrore che alla cronaca.
Perché il giovane camionista, dopo aver ucciso all’incrocio tra viale Serra e via De Gasperi Rocio Espinoza Romero, 34 anni, madre di due gemelli di 18 mesi salvi solo grazie alla sua prontezza di riflessi, fa quattro telefonate al padre e una all’avvocato. Per la vittima, nessuna pietà. Probabilmente, neppure un pensiero. L’unica ossessione, per lui, è come salvarsi dai guai. Facile come scrollarsi di dosso un poco di polvere.
Ebbene, di fronte a questi casi di insensibilità patologica, più che un codice penale con sanzioni rafforzate per i colpevoli (il che non guasta, ma non basta), servirebbe un manuale di psicologia delle masse. Perché vien da chiedersi quale società può produrre questi individui, abbrutiti a tal punto da non volersi prendere la responsabilità di un investimento in strada. La moralità sembra relegata a un valore desueto, da chiudere nel cassetto la mattina prima di uscire di casa per andare a lavorare. Tutti preoccupati - magari mentre si lamentano del traffico o delle ciclabili - solo di mettere in pratica la dura legge della giungla urbana contemporanea: mors tua, vita mea.