MELZO
di Monica Autunno
e Barbara Calderola
A carico di Rosa Fabbiano "un quadro probatorio granitico", il gip convalida il fermo per omicidio e applica la custodia cautelare in carcere. Ma lei, in cella, continua a tacere. È firmata dal giudice per le indagini preliminari Giulio Fanales l’ordinanza che conferma ipotesi e misure a carico della figlia maggiore di Lucia Cipriano, uccisa, fatta a pezzi con una sega e lasciata “sigillata” nella vasca da bagno del suo appartamento in via Boves a Melzo per oltre un mese e mezzo. Rosa Fabbiano avrebbe ucciso la madre. E poi, per settimane, avrebbe messo in atto tutto quanto necessario ad evitare che sorelle, cognati, marito, figli e nipoti, ma anche conoscenti e vicini di casa, potessero nutrire sospetti, e avvicinarsi alla porta dell’orrore. Alle sorelle aveva spiegato che la madre era stata infine ricoverata in casa di riposo. Incongruenze e mancanza di dettagli avevano alla lunga spazientito la sorella Loredana ma anche Cosima, l’altra sorella, che si era lamentata con alcuni conoscenti. Il ricovero di Lucia Cipriano era stato comunicato da Rosa anche a suo marito e ai suoi figli, sentiti dagli inquirenti. Poi sull’argomento era calato il silenzio: Rosa aveva fatto capire che non gradiva parlarne. Una rete di menzogne che ha "tenuto" fino a giovedì scorso, quando Loredana Fabbiano, la sorella lontana, ha inforcato la macchina alle sei del mattino, e da Trento è piombata a Melzo. Nessun avallo, ad oggi, all’ipotesi di un complice nel misfatto. "Fuori da ogni logica" supporre che Rosa possa aver deciso di sezionare e nascondere l’anziana madre già morta per cause naturali, o per un incidente domestico. Il carcere unico strumento a fronteggiare rischio di fuga e possibile reiterazione del reato. All’origine del delitto "un’assoluta incapacità - scrive il gip - dimostrata dall’indagata nel sopportare il decadimento fisico e mentale altrui e, in particolare, di coloro che le sono affettivamente legati". Dunque "un concreto e attuale pericolo di commissione di reati della medesima specie". Non è possibile sapere quando Rosa abbia ucciso. Nel canovaccio c’è una data chiave, il 24 marzo. Quella sera, intorno alle 22, la badante rumena assunta da un solo giorno aveva chiamato Rosa e la guardia medica, per attestare l’impossibilità assoluta di gestire l’anziana e andarsene. Il giorno dopo era tornata in via Boves a ritirare i suoi effetti personali. Ma Rosa glieli aveva portati fuori dall’abitazione.