MARIANNA VAZZANA
Cronaca

La gara di KeChic “Adotta un sarto” per assumere un rifugiato malese

I proprietari: non abbiamo risorse per stabilizzare il 33enne

di Marianna Vazzana

Tra stoffe e macchine da cucire sente di aver trovato il suo posto nel mondo. Dall’Africa a Milano, per l’esattezza al quartiere Isola, in via Pepe 38, alla sartoria sociale KeChic. E Kanedi Keita, per tutti “Keita“, rifugiato del Mali di 33 anni, ora vuole continuare a fare il sarto. Insomma, sogna di poter restare in questo atelier dove è stato tirocinante per 6 mesi. "Un tirocinio attivato grazie al Celav (Centro di mediazione al lavoro) del Comune di Milano – spiegano i referenti – che però non è rinnovabile. Vorremmo offrirgli un lavoro stabile perché Keita è davvero in gamba ma la sartoria, oggi, dopo un solo anno di attività, non ha ancora le forze per poterlo assumere". Da qui, l’idea di promuovere la raccolta fondi “Adotta un sarto“ (www.produzionidalbasso.comprojectaiuta-kechic-a-crescere) con l’obiettivo di raggiungere 25mila euro.

"Confidiamo nel famoso “effetto farfalla” per cui basta il piccolo battito di ali di ognuno per creare un grande cambiamento nella sua vita e nella costruzione di una società più inclusiva". KeChic è già di per sé un concentrato di accoglienza, sperimentazione e incontro, perché in questo laboratorio i wax, i coloratissimi tessuti africani, stampati e cerati su entrambi i lati, si uniscono a stoffe in jeans, lana e velluto. "Le culture lontane stanno insieme nei nostri abiti", dice Cheikh Diattara, quarantaseienne senegalese approdato in Italia 10 anni fa, il “sarto titolare“ di questa sartoria sociale che ha fondato insieme a Valeria Zanoni, esperta di comunicazione. Con Cheikh, che si sposta solo su una sedia a rotelle per colpa della poliomielite, collaborano a distanza i suoi colleghi del Centre Handicapè di Dakar dove ha imparato il mestiere. Il quarantaseienne è molto altro: giocatore di pallacanestro in carrozzina nella squadra di Baket Seregno, percussionista (suona lo djembè) e scrittore (suo il libro “E ora vi racconto Cheikh - Maestro di felicità“). E la sartoria dell’Isola è una piccola realtà multietnica che spalanca le porte a persone vulnerabili e a basso reddito, consentendo loro di collaborare all’attività per imparare un mestiere o affinare una tecnica. "Abbiamo una grafica israeliana, una collaboratrice guineana, una tirocinante indiana e un altro del Mali". Keita, che è arrivato in Italia nel 2013 in fuga dal suo Paese, riconosciuto come rifugiato politico e accolto dall’Associazione Cena dell’Amicizia.

In Mali lavorava già in una sartoria e, nei 9 anni che ha trascorso in Italia, ha sempre svolto lavori precari per sopravvivere. Solo nel 2022 grazie a KeChic ha potuto sedersi di nuovo alla macchina da cucire "mostrando a tutti le sue doti di sarto – sottolinea Valeria Zanoni – e la sua voglia di non rinunciare alla speranza. Diventerebbe il primo dipendente assunto da KeChic. Vogliamo potergli offrire un contratto e, nello stesso tempo, far crescere la nostra realtà. Anche un piccolo contributo può fare la differenza". I donatori riceveranno una ricompensa di stoffa.