MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Milano, la panchina rossa di Olga Granà e la battaglia del figlio Giuseppe: “In suo nome oggi parlo ai giovani”

La donna fu uccisa a colpi di ascia nel ’97 dall’ex marito. Il figlio ha fondato un’associazione. Al parco Segantini l’incontro con 30 adolescenti: "Non è mai troppo presto per promuovere il rispetto"

Giuseppe Delmonte vicino alla panchina che da due anni è dedicata alla madre Olga

Milano – "Il rispetto si impara fin da piccoli". E anche ridipingere una panchina rossa simbolo della lotta alla violenza sulle donne, scolorita da sole e pioggia, può fare la differenza. Quella immersa nel parco di via Segantini, in zona Navigli, venerdì è stata riverniciata ed è diventata fulcro di un incontro per 30 ragazzi tra gli 11 e i 17 anni. Non è una panchina come tante: da due anni è dedicata a Olga Granà, uccisa a 51 anni a colpi d’ascia dall’ex marito il 26 luglio del 1997 davanti all’ufficio postale di Albizzate nel Varesotto. La donna aveva trovato la forza di lasciare quell’uomo violento anche incoraggiata dai tre figli. Ma, dopo la separazione, lui le ha tolto la vita. "Noi ci siamo trovati soli e in preda a un dolore straziante – racconta Giuseppe Delmonte, il figlio più piccolo, che oggi ha 47 anni e allora ne aveva 19 –. In quel periodo non si parlava neppure di femminicidio e non c’erano aiuti dedicati agli orfani come noi, orfani “speciali”, rimasti senza mamma perché vittima di violenza. Non abbiamo ricevuto supporti psicologici né supporto istituzionale; io, mio fratello e mia sorella ci siamo dovuti rimboccare le maniche. Per lo Stato eravamo invisibili".

L’assassino, il loro padre, è poi stato condannato all’ergastolo. "Ma noi viviamo l’ergastolo del dolore", sottolinea Delmonte, che ha rivisto il padre solo una volta, "per chiudere il cerchio. Non ha mostrato mai segni di pentimento". Per anni è rimasto chiuso nella sua sofferenza, senza più parlare della tragedia. Ora invece vuole onorare la memoria della madre e soprattutto parlare ai più giovani per promuovere la cultura del rispetto: per questo ha fondato lo scorso 15 aprile l’associazione “Olga - Educare contro ogni forma di violenza” e sensibilizza i ragazzi andando nelle scuole, in giro per l’Italia. "Non è mai troppo presto" dice l’uomo, che oggi vive in zona Navigli, lavora come tecnico strumentista di sala operatoria ed è iscritto al secondo anno di Psicologia. Nei mesi scorsi ha incontrato anche gli adolescenti dei due Centri di aggregazione giovanile di Azione solidale, Creta e Paspartù.

Venerdì, per questi giovanissimi, c’è stato molto di più: attorno alla panchina rossa di Olga si sono potuti confrontare con educatori ed esperti di più discipline, tra cui la psicoteraputa Paola Ripa e l’avvocato Glauco Gasperini, affrontando fenomeni come stalking, violenza e i diritti umani. E Giuseppe Delmonte ha ripercorso la sua storia. "Voglio poter lasciare un segno, fare la mia parte per combattere la violenza sulle donne in nome di mia madre. Una donna forte, che amava la libertà e che ha fato di tutto per riconquistarla. Pagando con la morte. Mi ha trasmesso i suoi valori, mi ha fatto capire l’importanza di essere se stessi. Io ho fatto in tempo a rivelarle la mia omosessualità: lei mi rispose “l’importante è che tu sia felice“. Negli anni ’90, era avanti anni luce. Per me non è un caso che, accanto alla sua panchina rossa, ci sia quella arcobaleno".