NICOLA PALMA
Cronaca

L’Italia perde un altro capolavoro: “La Passeggiata” di Guttuso va all’asta in Austria

Milano, il Tar accoglie il ricorso della proprietaria: stop al vincolo del Ministero. È il secondo caso in pochi giorni

La passeggiata nel verde a Velate di Renato Guttuso (1982)

La passeggiata nel verde a Velate di Renato Guttuso (1982)

Milano – Dopo l’opera “L’Amitié” di Leonor Fini, l’Italia saluta anche il dipinto "Passeggiata in giardino a Velate" di Renato Guttuso. Il doppio via libera, a pochi giorni di distanza uno dall’altro, è arrivato dal Tribunale amministrativo della Lombardia con 2 sentenze molto simili tra loro, che hanno bocciato in entrambi i casi i vincoli relazionali apposti dal Ministero della Cultura per bloccarne l’esportazione all’estero.

Renato Guttuso
Renato Guttuso

Giovedì avevamo dato conto della decisione del Tar sul capolavoro della pittrice italo-argentina, appeso per anni nel salotto di casa della diva del cinema Valentina Cortese: i giudici hanno dato ragione ai titolari della Weinstein Gallery, che hanno acquistato l’opera in un’asta di beneficenza che nel 2022 ha ricavato 1,3 milioni di euro dalle centinaia di oggetti che facevano parte della sconfinata collezione della musa di Michelangelo Antonioni e Franco Zeffirelli.

Ora il secondo verdetto, che ruota attorno all’olio su tela "Passeggiata in giardino a Velate", realizzato dal celebre esponente della corrente neorealista nel 1983: il dipinto, che ha come ambientazione la dimora di proprietà della moglie dove Guttuso trascorse molte estati a partire dagli anni Cinquanta, ritrae un anziano che cammina lungo un sentiero con le braccia dietro la schiena, circondato da alberi e siepi.

Il 9 febbraio 2018, viene ricostruito nelle motivazioni, la proprietaria Adriana Cati, moglie di Francesco Pellin (imprenditore di Busto Arsizio scomparso nel 2009 che nel 2000 creò una Fondazione dedicata allo studio e alla valorizzazione dell’opera dell’amico pittore), affida il dipinto alla casa d’aste Dorotheum; che l’8 marzo 2022 presenta all’Ufficio esportazione della Sovrintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio della Città metropolitana di Milano un documento di "autocertificazione per l’esportazione/spedizione di opere d’arte contemporanea".

Lo stesso giorno, i tecnici protocollano l’atto, rilasciando il 14 marzo la copia timbrata per ricevuta. Un mese dopo, il 19 aprile, l’opera esce dal territorio nazionale e arriva a Vienna: è il lotto 90 del catalogo dell’asta "Arte Moderna", in programma il 31 maggio 2022 nella capitale austriaca. Sei giorni prima di quella data, il Ministero invia una nota all’Ufficio esportazione di Milano – e per conoscenza ai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale, a Dorotheum e alla signora Cati – per rivendicare l’importanza dell’opera. In sostanza, la Direzione generale di Roma sconfessa quanto stabilito in precedenza dall’Ufficio esportazione meneghino (parlando di "evidente errore"), ne esorta i responsabili a "intraprendere qualsiasi iniziativa finalizzata alla tutela del bene" e chiede a Dorotheum di ritirare il dipinto dall’asta.

Detto, fatto: il 27 maggio, l’Ufficio esportazione dispone "l’inibizione all’utilizzo dell’autocertificazione" e avvia il procedimento di "interesse culturale particolarmente importante". Obiettivo dichiarato: riportare il capolavoro di Guttuso in Italia. A quel punto, la signora Cati, assistita dagli avvocati Giuseppe Calabi, Cristina Riboni e Andrea Buticchi, presenta ricorso al Tar. I legali sostengono in primo luogo che lo Stato si sarebbe mosso fuori tempo massimo, non avendo il potere di intervenire per un’opera ormai all’estero. Inoltre, aggiungono, la relazione storico-culturale sull’opera "si limiterebbe a indicare un generico riferimento a Velate", peraltro fonte di ispirazione in altre occasioni per Guttuso, senza giustificare il vincolo con fatti circostanziati che attestino "il nesso tra il dipinto e la storia della cultura in genere". Di più: il Ministero avrebbe "strumentalmente invocato" il vincolo relazionale, unica arma per trattenere un’opera con meno di 70 anni di età.

I giudici hanno sposato in parte questa linea, reputando infondati i motivi di ricorso legati agli aspetti tecnici della vicenda, ma accogliendo quelli che si sono concentrati sulla (non) importanza del dipinto per il nostro patrimonio. "L’amministrazione – la riflessione – avrebbe dovuto selezionare fatti specifici, episodi di rilevanza storico-culturale correlati alla suddetta opera, avendo cura di illustrare la relazione intercorrente tra tali specifici fatti e il dipinto che intendeva sottoporre a vincolo".