Gabriele
Moroni
Alessandro Manzoni. Cristina Trivulzio principessa di Belgioioso. Cosa avvicina (o meglio cosa divide, come vedremo) l’autore dei “Promessi sposi“ e la gran dama del Risorgimento, patriota, giornalista, scrittrice, riformatrice, spirito libero e indipendente? Una sincera amicizia lega Cristina a Giulia Beccaria, madre di Manzoni, che la ricambia con una profonda predilezione. Nel luglio del 1842, alla notizia che l’amica sta morendo, Cristina accorre a Milano da Locate. Giulia, ormai in agonia, non può essere informata della visita. A essere avvertito è il figlio, che ordina di bloccare la visitatrice sull’uscio. L’incarico è affidato a don Giulio Ratti, parroco di San Fedele. Il prete, lo stesso che ha celebrato le nozze di Cristina con il principe Emilio Barbiano di Belgioioso d’Este, ha appena dato alle stampe l’opuscolo “Le illusioni della pubblica carità“, un libello di feroce critica alle opere benefiche avviate dalla Belgioioso a Locate. Cristina viene sgarbatamente messa alla porta. I biografi della principessa si sono interrogati sulle ragioni che portano don Alessandro a tenere un comportamento tanto arcigno e, diciamolo pure, meschino. Bigottismo provinciale, secondo Aldobrandino Malvezzi. Per Beth Archer sono i pettegolezzi fatti circolare dai Belgioioso sulla legittimità di Maria, la bambina di Cristina, a rendere particolarmente suscettibile lo scrittore, che non ignora di essere lui stesso considerato un figlio illegittimo, nato dalla lunga relazione della madre con Carlo Imbonati. Per Cristina è una ferita dolorosa. Un anno dopo scrive a Tommaseo: "Della morte della nostra amata Giulia e delle circostanze che l’accompagnarono nulla vi dico, perché furono per me così dolorose che il rammentarlo mi è grave. Io non passerò più quella soglia ove andavo altre volte con tanto amore e ove una nostra gloria vive soltanto per metà. Vive il genio, il cuore è spento".