
Si sono prensentati davanti allo spazio espositivo Ikea in via Vigevano 18 con bandiere e cartelli: "Democratico? Non significa povero"...
Si sono prensentati davanti allo spazio espositivo Ikea in via Vigevano 18 con bandiere e cartelli: "Democratico? Non significa povero" e "Rimontiamo insieme un contratto dignitoso", tra le scritte. I dipendenti del colosso svedese dell’arredamento hanno sfruttato la vetrina del Fuorisalone per portare sotto i riflettori la loro protesta, in una Milano affollata di visitatori. "Ikea celebrerà oltre 30 anni di design democratico con lo slogan “Il cambiamento inizia da qui“ parlando di una “visione più inclusiva e sostenibile del futuro” – spiegano i sindacati Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs –. Belle parole, ma la realtà è ben diversa. Nonostante il raddoppio del fatturato grazie alla professionalità delle sue lavoratrici e dei suoi lavoratori, dopo oltre un anno e mezzo di trattative per il rinnovo del contratto integrativo aziendale, Ikea ignora completamente le richieste sindacali di Filcams, Fisascat e Uiltucs, voltando le spalle ai propri dipendenti". Ikea, secondo le sigle sindacali, "si definisce un gruppo democratico e inclusivo a livello internazionale" ma "non rispetta i suoi stessi principi nei confrontidei lavoratori". Non vuole riconoscere le maggiorazioni del Cia ai nuovi assunti, chiede un sistema derogatorio sulle professionalità, cancella istitutiƟ migliorativi sulla malattia statistica e pretende l’obbligatorietà del lavoro festivo".
Tra le ragioni della protesta anche "il gran numero di lavoratori assunti part time senza possibilità di integrazione oraria". Le negoziazioni sul rinnovo del contratto integrativo aziendale si sono interrotte perchè le organizzazioni sindacali "hanno ritenuto non soddisfacente la proposta aziendale presentata", replica Ikea con una nota. Nella proposta aziendale di Ikea anche "benefit innovativi quali un supporto alle persone che accedono a percorsi di procreazione medicalmente assistita o nei confronti di collaboratori che intraprendono percorsi di transizione di genere".
Andrea Gianni