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Minori e social, la responsabile di Tik Tok: i genitori a volte impediscono di chiudere il profilo dei figli

Luana Lavecchia: "A volte sono loro a impedirci di chiudere i profili dei figli. E manca il dialogo: ai ragazzi bisogna chiedere come stia andando sui social allo stesso modo in cui si chiede come stia andando a scuola".

Luana Lavecchi, responsabile di Tik Tok

Milano, 31 maggio 2023 – Quando si tratta di minorenni e social network "l’anello debole della catena sono i genitori". A dirlo è Luana Lavecchia, responsabile delle relazioni pubbliche e istituzionali di Tik Tok per l’Italia.

Un giudizio schietto e severo, il suo, esternato ieri al Pirellone nel corso della presentazione del Protocollo d’intesa firmato dal Corecom lombardo e dal Garante della Privacy proprio per tutelare i minorenni quando navigano su internet, proprio per evitare che si imbattano o che restino vittime di messaggi impropri o di esperienze poco positive. Tik Tok è tra i social prediletti dai giovanissimi, tant’è che vi sono sbarcati anche politici di primissimo piano in cerca di nuovo consenso. Su questa piattaforma c’è un’attenzione particolare.

Lavecchia, da parte sua, esprime un concetto chiaro: "Per quanto riguarda i social network le agenzie educative sono fondamentali e purtroppo in più casi i genitori sono l’anello debole della catena". E questo si verifica per due ragioni o secondo due dinamiche opposte: "A volte capita che siano proprio le famiglie ad impedirci di chiudere i profili social dei propri figli" fa sapere Lavecchia.

"Prima dei 14 anni – aggiunge Marianna Sala, presidente del Corecom Lombardia – non è possibile avere alcun profilo sui social network, ma quello che si verifica, soprattutto nell’anno di passaggio dai 13 ai 14 anni, è che siano i genitori a consentire ai propri ragazzi di essere presenti sulle piattaforme con un profilo del quale le stesse mamme o gli stessi papà appaiono almeno formalmente come gestori".

L’altro motivo per il quale i genitori spesso non sono d’aiuto ha una portata più ampia, del tutto sociologica: "La mancanza di dialogo – spiega di nuovo Lavecchia –: oggi un genitore dovrebbe chiedere ad un figlio non solo come è andata a scuola ma anche come stia andando su Tik Tok". Ma non solo: i social in alcuni casi svolgono un ruolo di compensazione dello scambio che in casa non c’è o non si riesce ad avere.

Quanto alle contromisure che le piattaforme possono prendere per tutelare i giovanissimi, Lavecchia espone quella già intraprese da Tik Tok: "Quando un minorenne sta sul nostro social per un’ora riceve una notifica automatica che lo avvisa del tempo trascorso e gli chiede l’inserimento della propria password: questo semplice accorgimento ha aumentato del 270% l’immediato abbandono della piattaforma. Al centesimo minuto una nuova notifica suggerisce l’impostazione di un timer per tenere sotto controllo il tempo di navigazione ed evitare eccessi".

Altri accorgimenti intrapresi da Tik Tok sono l’azzeramento delle esperienze precedenti e l’impostazione di nuove preferenze proprio per evitare una sorta di effetto loop, per contrastare che si abbia una alienazione dovuta al fatto di stare costantemente in una bolla tematica. Decisivo resta, però, il lavoro di squadra. Con le famiglie che potrebbero e dovrebbero essere le prime alleate. Ma senza dimenticare le istituzioni. "La partecipazione delle istituzioni politiche e delle agenzie educative è fondamentale per costruire una paideia integrale a tutela dei minori, in modo da garantire ai nativi digitali la libertà di espressione e di accesso ai contenuti nella consapevolezza e nella responsabilità", conclude Pasquale Stanzione, presidente dell’Autorità Garante della Privacy, anch’egli presente ieri al Pirellone.