Cuore e impegno sociale. Una storia "per coinvolgere il lettore", dice lei stessa, e insieme un messaggio rivolto alle istituzioni e a ciascuna persona: "Accantonare le proprie certezze e provare a guardare il mondo da un altro punto di vista, aperto all’altro". Daria Colombo, scrittrice, moglie di Roberto Vecchioni, parla così della sua ultima opera letteraria: “Il cielo su via Padova“ (Sperling & Kupfer). E raccontandola svela anche il suo essere milanese, i cambiamenti che ha vissuto da quando, dal Veneto, è approdata all’ombra della Madonnina 43 anni fa.
Partiamo da qui. Com’è cambiata la città, dal suo punto di vista, da allora ad oggi?
"Milano ha assunto una dimensione da metropoli molto più che in passato. La vedo come la New York italiana. Se fosse arrivata oggi a Milano la venticinquenne che ero allora, probabilmente le mancherebbe il fiato. Incute un po’ di paura Milano, e così era anche in passato. Ma quando la si scopre e la si capisce, ci si sente accolti. Rispetto a prima noto un cambiamento nelle periferie: una volta si sentiva molto di più un senso di isolamento dal centro, ora invece anche a livello istituzionale si cerca di dare attenzione alle singole zone e a far sì che ognuna abbia un suo centro, dei suoi servizi".
Via Padova è al centro del suo libro. Come mai ha scelto proprio questa zona?
"Intanto, devo premettere che io scrivo seguendo un doppio binario: racconto una storia per far sì che il lettore sia catturato dalla narrazione, e in questa storia esprimo la mia idea sulle politiche da adottare per migliorare la realtà in cui viviamo. La protagonista si chiama Letizia, è una donna di mezza età, insegnante, della borghesia milanese. Chiusa nelle sue certezze, sicura di avere tutto sotto controllo come le sue piante sul terrazzo. Ma quando il marito di punto in bianco la lascia deve rimettersi in discussione. I due, di comune accordo, decidono di vendere la loro casa lussuosa in pieno centro e, per avere un punto d’appoggio momentaneo, la scelta di Letizia ricade su via Padova: in una Milano in cui i prezzi del mercato immobiliare schizzano alle stelle, opta per questo quartiere per motivi economici e anche perché non è troppo distante dal centro. Ed è qui, in questo posto in cui inizialmente si vedeva solo di passaggio, che le si aprirà un mondo. Chi l’avrebbe detto? Ho scelto via Padova proprio per questo, perché nel suo mix di culture ci ricorda che la versione migliore di noi è quella che si confronta con l’altro, con il diverso, e che aprendosi all’altro Letizia ne esce arricchita. Io conosco bene via Padova. E la sua bellezza sta proprio nella sua autenticità".
Tocca la tematica dei prezzi delle case a Milano. Quindi del costo della vita sempre più alto e delle difficoltà di chi fatica ad arrivare a fine mese. Come far sì che la città non escluda gli ultimi?
"Facendo in modo che Milano non perda la sua parte più autentica, quindi che continui ad accogliere. Perché accanto alla metropoli, al progresso che avanza, c’è chi arranca. Occorre dare sostegno a chi pensa agli ultimi ma anche ai giovani e alle famiglie che a Milano non possono permettersi una casa. Sono stata al compleanno di don Gino Rigoldi (cappellano storico del carcere Beccaria, fondatore di una onlus che porta il suo nome, che ha compiuto 85 anni lo scorso 11 novembre, ndr) e sono rimasta affascinata dai suoi progetti. Il suo desiderio è riqualificare quante più case sfitte per realizzare alloggi da assegnare. A Milano l’emergenza abitativa è una grande priorità".
In che zona vive?
"Adesso vivo nella zona di corso Buenos Aires, che considero un anti depressivo perché c’è sempre movimento, ogni volta che esco sono avvolta da luci e colori. Tra l’altro è il luogo che ho nel cuore, perché Porta Venezia, poco più in là, è stato il primo luogo che ho scoperto una volta trasferitami a Milano da ragazza. Abitavo in un abbaino. Sempre in quella zona io e Roberto abbiamo avuto la casa in cui è nata nostra figlia Carolina. Poi ci sono stati vari cambiamenti, siamo stati in piazza Durante, in via Procaccini, in centro città. Per un periodo siamo fuggiti da Milano andando in campagna. Ma poi siamo tornati qui. E sono felice averlo fatto".