La "folgorazione" è avvenuta dopo la missione in uno sperduto villaggio del Kenya. Quell’esperienza, datata 2005, è stata la "sliding door" nella vita di Erica Tossani. "Ho capito quello che volevo fare “da grande“: rimanere a fianco di chi è più fragile" dichiara la 43enne, appena nominata dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, vicedirettrice di Caritas ambrosiana. È la prima volta, nella storia cinquantennale dell’organismo pastorale a capo delle iniziative caritative e assistenziali, che una donna assume un ruolo apicale nella direzione.
Tossani, di origini bolognesi, una laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche e una specializzazione all’Istituto superiore per formatori collegato alla Pontificia Università Gregoriana, è dipendente di Caritas Ambrosiana dal 2020 ed è anche coordinatrice del settore Volontariato e Giovani. L’incarico di vicedirettrice le è stato affidato il primo settembre, a due settimane dall’apertura ufficiale del nuovo anno pastorale che avverrà sabato 14, con il convegno delle Caritas decanali a Rho. La nomina, ai suoi occhi, non ha un carattere femminista. "Non mi piace il gioco delle contrapposizioni. Quel che è importante è il riconoscimento delle competenze delle persone, che siano uomini o donne". Né è vissuta come promozione in un sistema verticistico. "In Caritas il lavoro è sempre d’équipe, la logica è quella di camminare insieme. Chi ha un ruolo direttivo non può esimersi dal fare sintesi, ma solo a partire dal contributo prezioso di chi opera all’interno dell’organizzazione e dall’ascolto delle persone di cui siamo a servizio" sottolinea la neo-vicedirettrice. Caritas intercetta solitudini e fragilità. Ma come è cambiato l’universo del bisogno nella metropoli? "Esistono le povertà, al plurale. Il grido che sale dalla città di Milano è molteplice. Caritas non offre un aiuto solo ai senza fissa dimora. Le fragilità includono chi ha problemi col lavoro, la casa, le dipendenze e mi riferisco anche alle ludopatie. Rispondere ai bisogni delle persone deve essere immediato ma non basta. Bisogna accompagnare le persone in un percorso verso l’autonomia. In quest’ottica Caritas non può agire da sola. Occorre una sinergia di interventi fra istituzioni, terzo settore e territori".
Come coordinatrice del settore Volontariato e Giovani, si occupa da tempo di nuove generazioni. Dopo la strage di Paderno Dugnano, si parla solo del loro disagio e malessere. Che ne pensa? "Credo che sia sbagliato parlare di giovani solo come un problema o emergenza da risolvere. I ragazzi sono una straordinaria risorsa. Tocca agli adulti nella società – anche nella Chiesa stessa – avere più di coraggio concedendo loro più spazio, in termini di partecipazione, responsabilità, visione e azione. Durante la pandemia hanno dimostrato che ci sanno fare ma la mia impressione è che poi, a fine emergenza, il palco se lo siano ripreso gli adulti"