
Un frame del video della fuga di Uss dagli arresti domiciliari di Basiglio
Srdan Lolic, uno degli indagati nel caso dell’evasione e della fuga verso la Russia di Artem Uss, l’imprenditore russo figlio di un oligarca vicinissimo a Putin, nel marzo 2023, vuole rendere "dichiarazione accusatorie “a distanza“, con l’evidente intenzione di presentarsi come soggetto" che collabora con la "giustizia italiana". E vuole farlo, però, da "rifugiato in Serbia", Paese che non ha mai accolto la richiesta di estradizione dell’Italia per il 52enne serbo, su cui pendeva, come su altri, ordinanza di custodia cautelare. Con una memoria, depositata oggi al Tribunale di Milano, gli avvocati Tatiana Della Marra e Federico Sinicato, legali di Dmitry Chirakadze – aristocratico russo arrestato e a processo a Milano con l’accusa di essere stato il "coordinatore" dell’evasione dell’imprenditore Uss che si trovava a Basiglio, nel Milanese, in attesa dell’estradizione negli Stati Uniti – contestano l’audizione di Lolic prevista per l’udienza del 31 marzo.
Il pm Giovanni Tarzia aveva fatto presente, infatti, che Lolic, il quale in Italia ha fatto arrivare più memoriali sul caso, sarà sentito "a distanza dalla Serbia" in videocollegamento, dato il rifiuto "da parte della Repubblica Serba di estradarlo in Italia". Per i difensori di Chirakadze, però, Lolic così facendo presta "dall’estero una formula di impegno meramente formale, sapendo" che non sarà "comunque perseguibile concretamente in Italia, essendosi rifugiato in Serbia".
La difesa chiede, dunque, che la testimonianza dell’indagato avvenga "nell’ordinaria modalità in presenza", ovvero Lolic dal loro punto di vista deve venire in aula a Milano, perché non si può "rinunciare ai caratteri basilari dell’udienza dibattimentale". La giudice della settima penale Ombretta Malatesta ha dato un primo via libera alla testimonianza da remoto, ma si esprimerà ancora dopo le contestazioni difensive.
L’indagine sulla fuga di Uss aveva già portato portato all’arresto di 6 persone. Catturato in Slovenia Matej Janezic, accusato di essere uno dei cinque componenti del commando che liberò Uss. Finiti in manette pure Vladimir Jovancic, bloccato in Croazia, e il figlio ventiseienne Boris, intercettato e fermato a Desenzano.
Red.Mi.