ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

L’agente delle top: "Che nostalgia le icone anni ’90"

Pauletta rivela: "Stilisti invidiosi delle supermodelle" .

L’agente delle top: "Che nostalgia le icone anni ’90"

L’irripetibile era delle top model. Così famose che, dopo oltre 30 anni, basta accennare al nome di Linda, Naomi, Cindy e Christy per evocare immediatamente l’immagine precisa di un volto, e di un corpo. Proprio oggi debutta su Apple+ "The Super Models", l’omaggio in forma di documentario alle magnifiche quattro: Evangelista, Campbell, Crawford e Turlington. Quel sistema – fra girl power e compensi stellari ("non mi alzo dal letto per meno di 10mila dollari al giorno" era il mantra di Linda Evangelista) - non tornerà più.

"Ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare nella moda alla fine degli anni Ottanta, quando lo star system imperava. Allora le supermodelle erano così potenti da mettere quasi in secondo piano gli abiti che indossavano. Leggenda vuole che siano stati gli stilisti ad abolire lo star system, ingaggiando a partire dalla fine degli anni Novanta volti sconosciuti perché sotto i riflettori ci finissero solo i loro capi…" afferma Bruno Pauletta, 59 anni, ceo di Brave management, agenzia milanese "boutique" che rappresenta una cinquantina di modelle, anche di Londra, Parigi, New York. Pauletta, tra i nomi più affermati della fashion industry, è stato anche l’agente di Bianca Balti.

Dunque le top model non esistono più?

"Non esistono più le icone. Oggi ci sono nomi sulla cresta dell’onda che fanno le sfilate più importanti ma, escludendo le modelle influencer come Gigi Hadid o Kendall Jenner, non sono necessariamente conosciuti fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori. Se parliamo dell’ultima stagione sono gettonate Annematy Aderibigbe, olandese, Hejia Li, cinese, Tara Falla, francese, e fra le italiane Claudia Campana è una scoperta".

Il suo collega Piero Piazzi, su Il Sole 24 Ore, ha detto che col cellulare "è cambiato tutto, perché il tempo non esiste più. Non fai in tempo a radicarti, che sei già dimenticata".

"Il fatto è che con Internet tutto il mondo è connesso, e le sfilate di moda sono fruibili da parte di chiunque accendendo in milioni di ragazze, assai di più che nel passato, il sogno di fare la modella. Siamo "invasi" da modelle proposte da agenzie che hanno sede in luoghi sperduti dall’altra parte del mondo. Il mercato è ricettivo perché i casting director sono sempre alla ricerca di volti inediti da far sfilare per la prima volta a New York, Milano o Parigi: l’assiologia della novità è un trend importante. Il ricircolo è diventato più rapido e se parliamo di figure sulla cresta dell’onda durano meno di un tempo. Può capitare di essere sotto i riflettori per una o due stagioni, ma alla terza si cerca "the new face": le possibilità di scelta nell’agone globale sono infinite".

È appena partita la Fashion Week milanese: quali sono i nuovi criteri nei casting?

"La vera novità è un po’ il ritorno della "classica" modella di origine caucasica - alta, bella, bionda, di carnagione chiara. La cornice generale è comunque la stessa delle ultime stagioni: i canoni estetici sono globalizzati, come i prodotti, quindi a indossare le creazioni sono ragazze di nazionalità diverse. Molte arrivano anche dall’Africa e da Paesi orientali: per alcuni stilisti le modelle etniche rappresentano la maggior parte della line up, anche se in generale, nell’ambito dell’etnia delle modelle, il sistema si sta equilibrando sul 50-50".