"L’intelligenza artificiale resta una grande opportunità, ma serve maggiore consapevolezza: l’amplificazione di uno stereotipo è molto più ampia". Mara Tanelli, ingegnera informatica, al Politecnico ha la delega alla Diversità e all’inclusione.
Qual è il rischio maggiore?
"C’è una differenza rispetto al passato: prima i prodotti passavano dagli esperti e si diffondevano gradualmente sul mercato, ora entrano direttamente e velocemente nella vita di tutti: competenze e livelli di attenzione sono molto diversificati".
Che impatto può avere l’IA sul gender gap?
"L’algoritmo è alimentato da noi, prende decisioni che ripropongono gli schemi di chi lo ha progettato e quindi include stereotipi, consci e inconsci. L’IA è un grande sintetizzatore di dati, dà in tempi velocissimi la risposta più probabile. Se pensando al lavoro di cura, per esempio, dati e documenti mostrano un ambiente popolato più da donne, verrà riproposta quella risposta. Che poi genera altri dati, amplifica lo stereotipo. Con un problema in più".
Quale?
"Un bias, a livello psicologico, ci porta a pensare che le decisioni prese dalla macchina siano più corrette, meno influenzate dai giudizi delle persone. Si tende a mettere meno in dubbio il risultato".
Gli sviluppatori sono ancora soprattutto uomini? Incide?
"Certo, e non solo. Per lo più sono uomini, bianchi, eterosessuali, spesso della stessa generazione. Una maggiore diversità sociale e culturale aiuterebbe".
È un tema attenzionato?
"Sì. C’è un ambito di ricerca: il Fair Learning per l’AI. L’Ue ha emanato a luglio l’AI Act, ma serve una spinta concreta dalle governance verso chi produce Ai e la integra nei prodotti".
C’è un’età giusta per l’IA?
"Direi dalle scuole superiori, quando si è sviluppato di più il pensiero critico, ma con un approccio guidato. Serve un investimento serio nella preparazione degli insegnanti. Non basta il buon senso e neppure essere bravi ingegneri e tecnici. Servono competenze multidisciplinari, etiche, sociali".
Come avvicinare più ragazze all’informatica per evitare anche quel divario alla base?
"Le studentesse nelle ingegnerie Ict sono ancora al di sotto del 20%. Mostrare anche l’impatto sociale della tecnologia può essere un driver importante: le ragazze non fanno fatica, anzi, ma cercano significati. E c’è ancora un retaggio culturale, si pensa all’informatico solo davanti al pc. Cambiamo narrativa". Simona Ballatore