"La strage di Paderno rimane un caso limite, ma credo che fosse in qualche maniera nell’aria. Dopo il Covid stiamo assistendo a un preoccupante incremento dell’aggressività dei figli, soprattutto adolescenti, verso i genitori. Il livello più elevato che ho riscontrato in oltre trent’anni di lavoro. Parlo di una deriva generale, che non riguarda solo ragazzi che soffrono di dipendenze o provengono da famiglie ultra-problematiche", l’allarme di Daniele Novara, pedagogista 67enne e fondatore del Cpp (Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti) che tuttora dirige.
Professor Novara, Riccardo C., 17enne reo confesso del triplice omicidio, ha sferrato 68 coltellate, la maggior parte al piccolo Lorenzo che dormiva, lo stesso fratellino con cui giocava qualche ora prima alla PlayStation.
"Sembra che abbia ucciso come se fosse un videogioco. Abbiamo un sacco di ricerche che dimostrano che la dipendenza dai videogames sia pericolosissima per il cervello, ma nessuno se ne preoccupa. Ma non sono solo gli “sparatutto“ il problema. Subiamo un immaginario che ruota attorno alla guerra su cui si insiste ad ogni ora che lascia sgomenti".
C’è un’esposizione continua alla violenza sui vari schermi. Secondo lei può condizionare il cervello degli adolescenti, provocando desensibilizzazione?
"Non è il contenuto, ma il “timing“. Dopo un certo tempo il videoschermo ha la capacità di agganciare le aree dopaminergiche del cervello, cioè quelle deputate al piacere, suscitando dipendenze, e il ragazzo non è più in grado di agire autonomamente. La politica dovrebbe sbrigarsi ad agire facendo leggi che vietino l’uso dei dispositivi elettronici sotto una certa fascia di età, come ha fatto con l’alcol e il tabacco. Invece i genitori sono lasciati soli".
Cosa sta succedendo fra le mura domestiche secondo il suo osservatorio?
"Assistiamo a un progressivo deterioramento della genitorialità. Il baricentro si è spostato dal ruolo educativo al ruolo confidenziale. Padri e madri sono amici dei figli, più che genitori. E il comportamento filiale nei loro confronti appare simile a quello verso i compagni. Se c’è sconfinamento, cioè se viene a mancare la giusta distanza che è garanzia della “titolarità educativa“, non si riesce ad educare, facendo rispettare anche i divieti più banali, come quello di fumare. La cosa più grave di queste relazioni confidenziali, se non amichevoli, è il fatto che, lungi dall’arginare le istanze aggressive, le agevolano".
Istanze di che tipo?
"L’insulto verbale verso padri e madri rappresenta ormai la norma. Ma ci sono anche forme di violenza e aggressività fisica che rappresentano qualcosa di inedito a livello storico. I casi di adolescenti che distruggono i mobili in casa sono innumerevoli, e si può arrivare a picchiare i genitori o a lanciare contro di loro oggetti. Purtroppo si arriva anche al caso estremo ma reale di un bimbo di 9 anni che scaglia il telecomando contro la madre, centrandole l’occhio. Tutti episodi che rimangono sottotraccia, che non vengono denunciati, dal momento che le famiglie nutrono vergogna per gli attacchi dei figli".
Che cosa si può fare per correggere la deriva?
"Se non vogliamo avere a che fare con un’adolescenza ancora più imprevedibile di quanto lo sia già per natura, bisogna che le famiglie partano col piede giusto nell’infanzia, il periodo in cui si acquisiscono le basi educative. Tenere i propri figli nel lettone fino a 10 anni - se non 12 - è sbagliatissimo. Dormire a 3 anni da soli dev’essere un’autonomia acquisita. Eppure oggi a sei anni, al primo anno della primaria, solo un bambino su tre dorme nella sua cameretta. Servirebbero sportelli per i genitori, guide autorevoli su cosa fare. Ma i genitori si affidano ai consigli delle influencer che diffondono informazioni che non sono scientificamente corrette né utili, ma solo consolatorie, in grado di procacciare facilmente like e pubblicità a chi le diffonde".
Annamaria Lazzari