Senago (Milano) – In questa storia orrenda di non amore e bugie c’è anche ’l’altra’, la donna di 23 anni inglese che per un periodo è stata l’amante di Alessandro Impagnatiello, il barman 30enne che ha ucciso Giulia, la sua compagna e Thiago, il bimbo che lei, da sette mesi, aspettava. L’”altra” è una collega di lavoro al bar, pure lei rimasta incinta di un bimbo che aveva deciso di abortire perché fin dall’inizio non si sentiva sicura della relazione con quell’uomo ’sfuggente’, che poi, aveva scoperto nei mesi, era detestato da tutti sul lavoro e chiamato “il lurido” per aver rubato soldi dalla cassa.
Le due ragazze sospettano una dell’esistenza dell’altra, e il giorno in cui, poi si consumerà l’omicidio, decidono di incontrarsi per conoscersi e tra loro scatta subito una grande solidarietà femminile. "Avevo recuperato il telefono di Giulia – si legge nelle carte dell’inchiesta – attraverso l’Ipad di Alessandro, quando lo avevo ricevuto in prestito e avevo scoperto la sua password. Quindi l’ho chiamata e mi sono presentata all’appuntamento in via Manzoni (all’Armani Bamboo), anche lei sapeva già chi fossi perché aveva iniziato in parallelo ad informarsi su di me. Lì in quella conversazione con Giulia ci siamo accordate pacificamente, anche perché avevamo capito tutto ormai, era chiaro che eravamo entrambe vittime di un bugiardo. Abbiamo chiacchierato tranquillamente, siamo state insieme un’ora circa dopodiché lei è andata via. Il nostro incontro è stato veramente cordiale tant’è che appena ci siamo viste ci siamo abbracciate per solidarietà femminile. E ci siamo abbracciate anche dopo aver parlato".
A quel punto Giulia torna a Senago per lasciare Alessandro. Ancora dalle carte: "Giulia poi, mi ha detto che a questo punto Alessandro non avrebbe mai visto nascere il figlio e che a lei interessava solo il suo bambino. Non sapeva ancora se andare subito a Napoli dai suoi genitori, ma sicuramente non voleva più vedere Alessandro". Dopo l’incontro Giulia tornerà a Senago per parlare con Alessandro e per lasciarlo. "È andata via intorno alle 18.45. Io le avevo scritto di tenermi aggiornata, erano le 18.45, ma non mi ha risposto. Alle 20.29 le ho riscritto chiedendole se fosse tutto ok e alle 20.31 hanno cominciato ad arrivarmi dei messaggi strani, completamente diversi dal tenore della nostra conversazione avvenuta nel pomeriggio. E lì ho cominciato a preoccuparmi".
A quel punto comincia a messaggiare con Alessandro per sapere dove fosse Giulia, lui insiste per fare il punto sulla loro situazione sentimentale, ma lei ha paura e teme che lui possa aver fatto qualcosa di grave a Giulia, fra l’altro lo ha visto uscire dal lavoro con dei guanti di lattice azzurri che spuntavano dallo zaino e li ha fotografati. "Le sue richieste di vederci – si legge ancora – erano pressanti. Era sotto casa, ha iniziato a citofonarmi. È salito e io gli ho parlato attraverso le sbarre della finestra del ballatoio. Lui insisteva perché io lo facessi entrare, ma non ho voluto, avevo paura, non sapevo che fine avesse fatto Giulia e di cosa fosse capace lui, anche verso di me".
Poi la confessione, il ritrovamento del cadavere di Giulia gettato in una intercapedine angusta fra due garage a pochi metri da casa. Il corpo avvolto in parte da una plastica a coprire coltellate e bruciature. Due alla gola, una sotto il seno destro e qualche taglio superficiale alle braccia, che probabilmente le ha procurato lui per inscenare chissà cosa. Come quando ha detto agli investigatori che "bruciandola pensava di non renderla più riconoscibile". Nei prossimi giorni ci sarà l’autopsia, determinante per la definizione precisa del reato. Duplice omicidio se risulta che il bambino fosse pronto al parto, e poi l’aggravante della tortura che potrebbe tornare nel fascicolo giudiziario, qualora risultasse che le coltellate sono in realtà più delle due visibili ad occhio nudo in un corpo in parte bruciato.