ANDREA GIANNI
Cronaca

Il dramma di Lamina diventa un film

Milano, un anno dopo la strage di 4 operai pronto il documentario «Una storia straziante per imparare a prevenire»

Il regista del film Antonio Pacor

Milano, 20 febbraio 2019 - Un documentario «per non dimenticare», per accendere i riflettori sul dramma degli infortuni sul lavoro. Poco più di un anno fa, il 16 gennaio del 2018, perdevano la vita i fratelli Arrigo e Giancarlo Barbieri, Marco Santamaria e Giuseppe Setzu, asfissiati dal gas argon in un forno nella ditta Lamina di Milano.

E la Fiom-Cgil ha deciso di raccontare la tragedia attraverso un documentario, girato dal regista Antonio Pacor, che verrà presentato nei prossimi giorni. «Vogliamo aprire una riflessione – spiega Roberta Turi, segretaria generale della Fiom di Milano – perché nel 2018 c’è stato un aumento enorme delle morti sul lavoro, e la Lombardia è una delle regioni più colpite. Una vera strage, bisognerebbe chiamare questi episodi con il loro nome: omicidi sul lavoro». Il regista milanese ha raccolto testimonianze di operai e persone coinvolte nella vicenda, raccontando attraverso parole e immagini il più grave incidente sul lavoro avvenuto, nella storia recente, a Milano. «Stiamo terminando gli ultimi ritocchi – spiega – e presto presenteremo il lavoro ai cittadini». Il sindacato dovrebbe organizzare un evento pubblico prima dell’udienza del 19 marzo, quando il gup Manuela Scudieri deciderà se accogliere il patteggiamento del titolare della Lamina, Roberto Sanmarchi. L’imprenditore ha raggiunto un accordo con la Procura per una pena sospesa di un anno e 10 mesi, dopo aver risarcito le famiglie delle vittime e l’Inail per un totale di oltre 4 milioni di euro. «Una pena bassa – sottolinea Roberta Turi – di fronte alla morte di quattro persone che non è dovuta al caso, ma a gravissime carenze nella sicurezza». La segretaria Fiom - il sindacato ha chiesto di entrare nel procedimento come parte civile assieme all’Anmil, l’associazione mutilati e invalidi - ripercorre il capo d’imputazione nei confronti di Sanmarchi, accusato di omicidio colposo plurimo con l’aggravante di aver commesso il fatto in violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro. Inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro basata su una serie di circostanze, elencate dai pm Letizia Mocciaro e Gaetano Ruta. Tra queste il «non aver valutato il rischio di anossia per contaminazione ambientale con argon» nel forno utilizzato per la lavorazione di lamine di acciaio al titanio, «l’aver consentito l’accesso ai propri dipendenti senza che fosse previamente accertata, con adeguati rilievi strumentali, l’assenza di un pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori». Mancava, secondo le accuse, «un sistema di erogazione dell’argon munito di dispositivo di comando che ne permettesse l’arresto generale in condizioni di sicurezza».

A entrare per primo nella fossa del forno, per un lavoro di manutenzione, è stato l’elettricista Marco Santamaria, il primo a morire. Poi Arrigo Barbieri, seguito dal fratello Giancarlo, asfissiato mentre cercava di prestare soccorso. Infine Giuseppe Setzu, che ha perso i sensi sulle scale, mentre cercava di raggiungere gli altri operai svenuti. Una tragedia che ha aperto nel peggiore dei modi un anno, il 2018, funestato da morti e infortuni sul lavoro. Da un’analisi condotta dalla Cisl su dati Inail emerge un aumento dell’1.8% per quanto riguarda gli infortuni e un +17.2% di incidenti mortali rispetto al 2017. Sono 163 le persone che hanno perso la vita lavorando. Tra loro gli operai della Lamina. Il documentario verrà dedicato alla loro memoria, per lanciare un appello a fermare la strage. Intanto alla Lamina il forno installato nel 1986 resta sotto sequestro, e il lavoro va avanti. «Dopo quello che è successo c’è una maggiore attenzione – prosegue Roberta Turi – ma bisognava intervenire prima. I rischi, come in tanti altri casi, sono stati sottovalutati».