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L’appello dei “no cemento“: "Garanzie e trasparenza. I soldi vadano ai quartieri"

"Va bene parlare di giustizia riparativa ma serve un tavolo serio, trasparente e che coinvolga tutti i cittadini, piuttosto che...

"Va bene parlare di giustizia riparativa ma serve un tavolo serio, trasparente e che coinvolga tutti i cittadini, piuttosto che accordi nelle segrete stanze. Il Comune deve garantire che eventuali introiti aggiuntivi non vengano usati per fare cassa, ma reinvestiti nei quartieri". L’avvocata Veronica Dini, esperta in materia edilizia e ambientale, legale di cittadini e associazioni che hanno presentato esposti alla Procura contro progetti di sviluppo immobiliare poi finiti al centro di inchieste, esprime "perplessità" sulla soluzione ipotizzata da Palazzo Marino per sbloccare alcuni cantieri fermi. Un accordo con la Procura e con i costruttori che, attraverso fideiussioni bancarie, garantirebbero la copertura economica degli eventuali maggiori oneri dovuti al Comune, rispetto a quanto è già stato versato in passato, alla conclusione dei procedimenti giudiziari.

Una strada che, a suo avviso, potrebbe essere percorribile dal punto di vista giuridico?

"Da quello che ho letto mi sembra una procedura anomala e senza precedenti: sarei curiosa di sapere quale sarebbe l’impianto di un ipotetico accordo. In questo modo si finirebbe per ricondurre tutto a una mera questione economica fra Comune e costruttori quando le irregolarità contestate non riguardano solo il pagamento degli oneri ma un ventaglio ben più ampio di presunti illeciti, alla base anche di sequestri che finora sono stati sempre confermati. Alcuni procedimenti, poi, sono già arrivati davanti al Tribunale, e la maggior parte degli operatori si sta difendendo dando sostanzialmente la colpa al Comune".

Ci sono le famiglie acquirenti delle case che, però, chiedono una risposta in tempi rapidi.

"Capisco la preoccupazione di persone che hanno acquistato casa in buona fede, ma la interlocuzioni devono coinvolgere anche i milanesi che vivono in un quartiere e hanno subito danni per la costruzione di palazzi che hanno tolto luce e spazio senza restituire alcun beneficio e senza considerare l’impatto. Servono quindi garanzie sul fatto che eventuali incassi aggiuntivi vengano reinvestiti in servizi e verde per il quartiere, con una valutazione dei bisogni reali e quella pianificazione che finora è mancata. Avere delle aree abbandonate non è un vantaggio per nessuno, ma non è di certo colpa delle inchieste se ci sono quei famosi 150 cantieri fermi. Il gruppo di lavoro per valutare le opere si è costituito da un anno, e vorrei sapere che cosa è stato fatto in tutto questo tempo. Per questo abbiamo chiesto un accesso agli atti".

Da parte del Comune c’è stata, a suo avviso, una presa di coscienza sugli errori commessi?

"Non vedo una presa di coscienza, quanto piuttosto il tentativo di uscire da una situazione intricata. Questo è dimostrato anche dal fatto che Palazzo Marino non si sta costituendo parte civile nelle udienze preliminari: nei prossimi giorni torneremo a presentare un’istanza perché si decida a compiere questo passo".

Andrea Gianni