REDAZIONE MILANO

In Duomo il rito della Lavanda dei Piedi, l’esortazione di Delpini: “Solitudine e isolamento mali del nostro tempo, riscopriamo il valore della convivialità”

La Messa in Cena Domini del Giovedì Santo commemora l’Ultima Cena del Signore. Nell’omelia dell’arcivescovo di Milano l’importanza dello stare insieme e del consumare un momento della giornata come quello dei pasti assieme ai propri cari

La messa in Coena Domini del Giovedì Santo in Duomo officiata dall'arcivescovo Delpini

La messa in Coena Domini del Giovedì Santo in Duomo officiata dall'arcivescovo Delpini

Milano, 19 aprile 2025 – Si è tenuta in Duomo questo pomeriggio la Messa in Cena Domini durante la quale si è svolto il rito della Lavanda dei Piedi. L’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha deterso i piedi a dodici fedeli – sei coppie di genitori in attesa di un figlio – chiamati così a rappresentare simbolicamente i dodici apostoli. Un rito da sempre legato al Giovedì Santo, esordio del Triduo pasquale che conduce alla Pasqua con la commemorazione della Passione, morte e Resurrezione del Signore. Nel corso dell’omelia, Delpini ha voluto trasporre il tema evangelico, cruciale per la cristianità, dell’Ultima Cena, quella che Gesù celebra insieme con i suoi apostoli prima dell'arresto e della condanna a morte, in una chiave moderna. Il senso cioè dello stare insieme, del condividere un momento come quello dei pasti con i propri cari, in famiglia o comunque in compagnia. Pranzo e cena come occasione di socialità e antidoto alla solitudine, dunque. 

I dodici fedeli rappresentano i dodici apostoli presenti all'Ultima Cena
I dodici fedeli rappresentano i dodici apostoli presenti all'Ultima Cena

Solitudine e isolamento

““Perché non mangiate insieme?” chiedo alle famiglie, chiedo ai preti, chiedo alle persone legate da vincoli di parentela – ha detto dal pulpito l’arcivescovo di Milano –. “Perché preferite mangiare da soli?” mi viene da chiedere a tante persone. “Noi mangiamo insieme, ma è come essere da soli perché ciascuno è intento a trafficare con il suo cellulare, a guardare la sua partita”. “Preferisco mangiare da solo, perché così mi faccio gli orari che voglio”. “Preferisco mangiare da solo, perché devo lavorare fino a tardi, perché torno tardi da scuola”. “Sono costretto a mangiare da solo perché gli altri tornano tardi e io devo uscire presto per gli allenamenti, perché gli amici mi aspettano”. Talora chiedo “dove andate per Pasqua?” e intendo “con chi condividerete il pranzo di Pasqua?”. Invece con frequenza mi viene risposto descrivendo una località turistica, un viaggio, un’esperienza esotica, per chi se lo può permettere".

Un momento del rito della Lavanda dei Piedi
Un momento del rito della Lavanda dei Piedi

Un segno sbiadito

"Se esploriamo le ragioni per cui si è sbiadito il segno del mettersi a tavola – ha continuato Delpini – si possono talora riconoscere i sintomi di un malessere, lo smarrimento di una appartenenza. Ci sono famiglie che hanno interrotto la consuetudine di condividere il pranzo di Pasqua o di Natale perché i rapporti si sono incrinati. Incontrarsi invece che un piacere è un imbarazzo. Incontrarsi, invece che essere occasione per condividere con simpatia aggiornamenti e sentimenti potrebbe dare spazio a parole aspre e irritazioni aggressive”.  

Nel segno della riconciliazione

"La celebrazione dell’Eucaristia ci rende partecipi dell’unico pane perché possiamo diventare un unico corpo – è stata ancora l’esortazione di Delpini –. Il mistero celebrato non può restare una astrazione, un principio da proclamare. È piuttosto la grazia che siamo chiamati ad accogliere: la grazia della comunione, la grazia della riconciliazione, la grazia di essere un segno e una speranza per il nostro tempo. Impariamo una grammatica per la vita da condividere, per la fraternità da edificare. Riceviamo quella grazia di una carità spicciola, che si traduce in gesti semplici, in forme buone di vita condivisa. Che si esprime anche nel sedere a mensa insieme per completare a tavola la Pasqua celebrata nel mistero”.