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Alcuni dei clienti che hanno lasciato i loro abiti nel negozio chiuso da quattro mesi per “ricovero ospedaliero urgente”
Milano, 23 febbraio 2025 – “Chiuso per ricovero ospedaliero urgente”. Il cartello è appeso da metà novembre sulla serranda della lavanderia di via Marchesi de Taddei 18, a due passi da via Sardegna e viale Misurata. In questi mesi, i clienti hanno lasciato commenti con i pennarelli: da un cortese “sarebbe utile avere info per il recupero dei capi, intanto buona guarigione” a un furioso “maledetti ladri, restituiteci le nostre cose!”.
Sì. Perché “da un giorno all’altro il locale è stato chiuso e non abbiamo più saputo niente dei nostri vestiti lasciati qui” spiega una donna con i nervi a fior di pelle. Qualcuno ha sporto denuncia alle forze dell’ordine per appropriazione indebita e un gruppo di cittadini si sta organizzando per presentare un esposto collettivo.
Il precedente che inquieta
Ad alimentare la rabbia, oltre al danno dei singoli capi “dispersi“, è la constatazione che a settembre del 2022 ci sia stato un caso fotocopia, riportato dal Giorno: la lavanderia di via Facchinetti, in zona Mecenate, era stata chiusa di punto in bianco ad agosto di quell’anno, con dentro i vestiti dei clienti (“Alcuni di noi li hanno riavuti, ma solo mesi dopo, nonostante proteste e denunce, quando il titolare è riapparso come se nulla fosse. Poi fortunatamente la gestione è cambiata e non abbiamo più visto quell’uomo”, testimonia un residente).
Ancora: chi ha affidato al negozio i propri indumenti, sia allora e sia di recente in via Marchesi de Taddei, mostra i numeri di telefono avuti come “recapito“. E uno coincide. “Che le persone siano le stesse? Ma perché rilevare tintorie per poi sparire all’improvviso e senza restituire i vestiti della gente, che comunque perdono di valore come abiti usati?”, domandano i clienti.
Promesse mai mantenute
Interrogativo che per ora resta senza risposta. “Noi vorremmo non solo i nostri capi ma anche che le nostre denunce innescassero un’indagine: bisogna evitare che altri finiscano in trappola”, spiegano alcuni di loro che mercoledì scorso si sono riuniti per definire insieme i passi da fare. Tutti chiedono l’anonimato. In questi mesi hanno contattato il titolare “e abbiamo sempre ricevuto promesse mai mantenute”, fanno sapere. “Ogni nostra richiesta è stata respinta, prima con cortesia e poi in maniera scostante, giustificando la mancata restituzione dei capi con la temporanea chiusura dell’attività per problemi di salute urgente. Ora nessuno risponde più e tutto resta in abbandono”.
Quattro mesi di buio
In base a quanto risulta al Giorno, l’ex titolare della tintoria, il quale se n’era occupato per oltre 10 anni, ha ceduto l’attività al nuovo gestore lo scorso luglio. “Di fatto, poi, nella tintoria erano in due” raccontano i clienti. “All’improvviso, a metà novembre, abbiamo trovato la serranda abbassata e poi è spuntato quel cartello”.
La comprensione, dopo tre mesi, è svanita. Tra le persone c’è per esempio chi ha perso “abiti preziosi, comprati per andare a dei matrimoni”, chi ha lasciato “una giacca in lana e cachemire con collo in pelliccia, da mille euro” e chi una camicia nuova, “da 330 euro, con ancora il cartellino”.
Riusciranno a riaverli? La lavanderia riaprirà? Abbiamo provato a contattare il gestore svanito: “Il numero da lei chiamato non è abilitato al traffico entrante”, la risposta.