Razzante*
Uno dei nodi principali da sciogliere sulla strada di una progressiva adozione dell’Intelligenza Artificiale (AI) nel mondo del lavoro è quello della formazione. Un ruolo decisivo in tal senso sono chiamate a svolgerlo le associazioni di categoria, perché esistono in Italia tantissimi lavoratori autonomi che, non essendo iscritti a ordini professionali e quindi non essendo obbligati a svolgere attività di formazione per mantenere l’iscrizione, trascurano questo aspetto. Lo documenta una interessante ricerca di Confcommercio professioni e Format Research, che svela luci e ombre nel rapporto tra algoritmi e lavoro autonomo. Il 62,4% dei lavoratori autonomi usa strumenti come chatbot, software di traduzione, assistenti virtuali e oltre uno su due ritiene che le soluzioni innovative abbiano migliorato la qualità della propria attività, "soprattutto in termini di efficienza, produttività e riduzione degli errori" ma vi è un 42% che pensa il contrario. L’85% si dichiara ottimista riguardo ai benefici dei ritrovati tecnologici, mentre "il 27% teme che l’impatto dell’AI possa mettere a rischio la propria occupazione e, tra questi, quasi 5 su 10 operano nel settore della comunicazione". Sul versante della formazione emergono forti criticità: "Soltanto il 16,6% degli autonomi ha ricevuto un addestramento specifico, con la fascia più giovane (18-24 anni) che mostra la percentuale più alta (40,3%), e quella oltre i 64 anni la più bassa", si legge nella ricerca; e 7 interpellati su 10 sostengono che le associazioni di categoria debbano giocare un ruolo attivo nella trasmissione di competenze e nell’aggiornamento continuo sulla materia. Necessario, quindi, promuovere un welfare per i lavoratori autonomi professionali, al fine di stimolare la loro crescita, anche attraverso un’estensione degli incentivi già previsti per le imprese.
*Docente di Dirittodell’informazioneall’Università Cattolica