ANDREA GIANNI
Cronaca

A rischio 300mila posti di lavoro: "Milano gigante coi piedi d’argilla"

Le imprese reagiscono con cassa integrazione e stop a contratti a termine: prossimo passo i licenziamenti

Il settore dell’automotive è uno dei più colpiti dalla crisi economica

Il settore dell’automotive è uno dei più colpiti dalla crisi economica

Milano, 7 luglio 2020 - Il problema, grazie al blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori sociali, è solo rimandato a settembre. Secondo una stima della Cgil di Milano, la crisi economica conseguente a quella sanitaria potrebbe provocare fino a 300mila disoccupati nell’area metropolitana su una forza lavoro di 1.7 milioni di persone. E le avvisaglie del terremoto emergono anche da un sondaggio realizzato dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e contenuto nel rapporto “Milano produttiva 2020“. Nella Città metropolitana di Milano, nel settore dell’industria, il 72.4% delle imprese intervistate sta affrontando la situazione sul fronte occupazionale con gli ammortizzatori sociali, il 6.9% con una riduzione dell’organico, il 16.9% con il rinvio delle assunzioni previste, il 6.6% con il mancato rinnovo dei contratti in scadenza. Solo il 21% non ha dovuto ridurre la forza lavoro.

Cambiando settore, il quadro resta a tinte fosche. Nell’artigianato solo il 16.9% delle imprese ha mantenuto lo stesso assetto occupazionale. Nei servizi sale al 26.3%. Nel commercio, dove è alto il numero di imprese a conduzione familiare, al 30.2%. Il primo passo per affrontare la crisi è stato quindi il mancato rinnovo dei contratti a termine, il prossimo sarà quello dei licenziamenti. Anche perché circa un quarto delle imprese lamenta problemi finanziari e di liquidità. Quadro allarmante che emerge anche da una ricerca Sda Bocconi su un campione di 300 imprese manifatturiere. Il 20% prevede riduzioni di organico. Il 60-70% ha usufruito degli ammortizzatori sociali. L’80% prevede che "la domanda di mercato rimarrà incerta e instabile per molti mesi". Il 22% prevede che diminuiranno le nuove assunzioni di giovani e neolaureati. Per il 50% i contratti diventeranno ancora più flessibili. Il 74% vede all’orizzonte un massiccio utilizzo dello smart working.

E in questo scenario Milano, capitale economica d’Italia, è un "gigante con i piedi d’argilla" secondo il professore di Demografia alla Cattolica Alessandro Rosina. Parla di una "città che si proietta verso l’alto" ma non ha consolidato le due basi. E i fattori che potrebbero far crollare il “gigante“ sono legati alla demografia, agli squilibri e al welfare. "Nei Paesi più sviluppati – spiega – la ripartenza dopo la crisi economica di dieci anni fa è stata legata a un aumento della natalità, cosa che a Milano non è avvenuta". Una città attrattiva per giovani di tutta Italia ma sempre più anziana, dove le donne hanno sempre meno figli. E il confronto impietoso è con una metropoli come Berlino. "Il tasso di abbandono prematuro degli studi è preoccupante – prosegue Rosina – così come quello dei giovani che non studiano e non lavorano. L’emergenza coronavirus potrebbe accentuare queste fragilità, riducendo la natalità, peggiorando le condizioni dei giovani e aumentando le diseguaglianze".