
Rosanna Giglio, 52 anni, è direttrice generale in una Pmi con 400 collaboratori: ha donne nei ruoli apicali e dipendenti di 32 nazionalità
Milano – Rosanna Giglio, 52 anni, è direttrice generale in una Pmi con 400 collaboratori.
È stato difficile arrivare alla guida di un’azienda?
“Molto. Ho incontrato ostacoli fin dal primo impiego dopo la laurea in Economia, a Torino. Entrai come stagista in un’azienda con colleghi uomini che man mano divennero quadri, mentre io rimanevo sempre ferma. Una delusione che mi ha spinta a trasferirmi a Milano alla ricerca dell’occasione giusta”.
È arrivata?
“Così credevo. Sono approdata nella tipica impresa a conduzione familiare, ufficiosamente facevo tutto, ma ufficialmente non mi veniva riconosciuto. Gli altri colleghi progredivano nella carriera, ma io non riuscivo a vedere ufficializzato il mio ruolo effettivo di direttrice finanziaria. Sono passati 15 anni di promesse, alle quali non sono mai seguiti i fatti”.
E poi?
“Ho sacrificato tutto alla carriera, ero convinta che l’impegno 24 ore su 24 fosse la via per riuscire. Ma mi sbagliavo. Avevo un capo che mi scriveva alle 23, o alle 7 di mattina e bisognava rispondere all’istante, altrimenti erano problemi. Assumeva sempre donne, ma dopo la maternità venivano puntualmente demansionate. Una mentalità molto diffusa. Ai colloqui mi veniva puntualmente chiesto se avessi figli, ero terrorizzata. E infatti non ne ho avuti. Mi è mancato il coraggio. A 39 anni ero dirigente, ma me ne sarei dovuta andare prima”.
Quando ha cambiato?
“Dopo un crollo emotivo. Tutta questa situazione mi ha presentato il conto. Durante la malattia mi dicevano ‘non ci sono problemi, pensa solo alla salute’. Ma quando sono rientrata, le cose erano cambiate. Così ho capito che dovevo andarmene”.
Ma aveva più di 50 anni?
“Cinquantuno. Sono entrata in questa nuova azienda, dove in tutti i ruoli apicali ci sono donne. È l’apertura mentale che fa la differenza, qui lavoriamo nella moda e ci sono 32 nazionalità fra i dipendenti: culture e religioni diverse. La proprietà partecipa ai corsi di parità di genere e li promuove. È un altro mondo”.
Rimpianti?
“Sì. Quando vedo le mamme coi loro bambini sento una fitta. Mi fa ancora male non aver avuto un figlio”.
Che consiglio darebbe a una giovane collega?
“Di scappare subito da un ambiente tossico. Se c’è paura, la situazione non è sana. E bisogna lasciare. Col tempo non cambia niente, le cose possono solo peggiorare. In certe condizioni, si deve cambiare strada. Non ho mai subito una discriminazione economica, ma l’avrei preferita a quella personale e di genere. Non cedete alla sirena del denaro. A chi offre soldi senza riconoscimento. È logorante”.
La malattia è stata uno spartiacque?
“Decisamente. Ero accecata dall’ambizione. Ti danno la carotina, vedi quella luce e poi quando arriva il tuo turno, vieni sacrificata. Alle ragazze dico di non credere alle parole, servono i fatti. Gli anni decisivi sono tra i 30 e i 40”.
Più casa e meno ufficio?
“Il giusto bilanciamento, ma la vita privata non deve essere cancellata dalla professione. Altrimenti ne risente tutto, anche il lavoro. E non certo in meglio”.