MONICA AUTUNNO
Cronaca

Le mani sul collo, il coltello alla gola: "Io so che cos’ha provato Giulia"

La vicenda di Sara De Concilio in un libro corale sulla violenza alle donne: "Ma ce l’ho fatta, ora voglio vivere"

Le mani sul collo, il coltello alla gola: "Io so che cos’ha provato Giulia"

"Giulia? Mi addolora pensare a cosa possa aver provato. È ciò che ho provato anch’io. In quegli istanti sono morta". Sara De Concilio, oggi 27 anni, invece ce l’ha fatta. Non morì quando, la mattina del 20 dicembre 2020, il compagno e padre del loro bambino di un anno e mezzo, la lasciò, credendola ormai senza vita, in un letto di sangue, dopo aver tentato di strangolarla e averle affondato un coltello da cucina nella gola. Fuggì portando con sè il piccolo, ma fu fermato, e sta scontando gli ultimi anni di carcere. Oggi Sara è l’immagine stessa della vita. Un sorriso sempre aperto. Un fiume di parole. Un lavoro in un’autoscuola ("studio per diventare istruttore di teoria"), il figlio, tanti amici. E progetti: ieri la presentazione di un libro al teatro Teca di Cassano d’Adda ("E vissero tutte felici e vincenti" della giornalista Gaia Bonomelli) "che racconta anche la mia storia", l’altra sera uno spettacolo teatrale a Como anche lui ispirato alla sua vicenda, presto un ciclo di incontri nelle scuole. E una vittoria fresca: una sentenza del tribunale che toglie a "lui" la patria potestà sul figlio oggi di 4 anni: "Nelle nostre vite non ci sarà". Sara e il compagno vivevano insieme, nella casa dei genitori di lei a Vaprio, dalla nascita del piccolo.

Cosa ricordi di quel giorno? "La sera prima gli avevo detto che dopo le feste avrebbe dovuto trovarsi un’altra sistemazione. Fra noi non funzionava, e non funzionava la vita insieme. Avevamo parlato. Ma assolutamente non litigato. Quella mattina mio padre e mia madre uscirono. Io ero andata a vedere il bimbo, che si era riaddormentato nel letto dei nonni. Poi tornai in camera, lui stava uscendo dal bagno".

E poi?

"Mi agganciò e disse solo “adesso stai zitta”. Mi mise le mani intorno al collo e strinse. Svenni. Mi svegliai al buio, sentivo le urla disperate di mio padre, “chi è stato? È stato lui? Non preoccuparti amore”. Mi sentivo soffocare, non sapevo che era il mio sangue. Solo dopo un anno, con l’aiuto della psicologa, ho ricordato: lui mi aveva stretto al collo, preso per i capelli e sbattuto a terra, riempito di calci e pugni alla testa. E accoltellato". Era mai stato violento prima? "Mai. Ma c’erano altre cose. Aveva sempre atteggiamenti da vittima. Non era capace di manifestare emozioni. E non accettava la mia vita al di fuori di lui: per esempio, le mie amiche".

La tua vita è cambiata?

"Ho aperto gli occhi. Sono più consapevole. Attenta ai segnali. Vi sono cose che non tollererei più. Quando qualche mia amica mi racconta situazioni che non mi “quadrano” non sto zitta, “vattene subito”, le dico. Ma non riguarda certo tutti gli uomini. Un uomo, mio padre, mi ha salvato. E arriverà quello giusto per me. Anzi, per noi, perché mio figlio è la priorità".

Gli racconterai la tua storia? "Siamo seguiti da esperti. Saranno loro, nel tempo, a dettare i tempi e i modi con cui raccontare al bambino la verità. Che certo dovrà sapere. Non devono esserci buchi neri nella sua vita". Media, social e femminicidi. Se ne parla nel modo giusto? "Non tollero l’estremismo. Di chi dipinge un mondo di mostri. Ma ancor peggio di chi sempre in qualche modo giustifica aggiungendo un “eh, ma anche lei...”. Non c’è nulla che giustifichi. Nulla. Sono queste giustificazioni a produrre gli sconti di pena: il mio ex compagno ne ha beneficiato. Io mi sono sentita tradita".

"Lui" prima o poi uscirà. "Hai paura?

"No. Non ne ho più".

I tuoi “grazie”?

"Ai miei genitori. Al mio avvocato Concetta Sannino, alla Casa delle donne di Treviglio. E a tutti coloro che mi sono accanto".