Per una paga oraria di sette euro lorde si occupano delle pulizie negli aeroporti di Linate e Malpensa, servizi appaltati da Sea ad aziende esterne. Lavoratori che ieri hanno scioperato dalle 12 alle 16 (secondo il sindacato Usb l’adesione è stata del 90%) e si sono radunati in presidio nel piazzale davanti alla direzione Sea a Linate chiedendo "il rinnovo del contratto integrativo e la reintroduzione del buono pasto" che sarebbe almeno una boccata d’ossigeno a fronte del costante aumento del costo della vita. Una protesta che coinvolge circa 400 lavoratori al centro della gara d’appalto vinta dal Consorzio Gisa, con all’interno l’azienda Dussmann che opera su Malpensa e Spd che opera principalmente su Linate. "A seguito della pandemia la gara d’appalto è stata cambiata – spiega Giuseppe Ragusa, sindacalista Usb – e i presidi di pulizia sono stati modulati in quattro step in relazione al numero di passeggeri. Ora il traffico aereo ha superato i livelli pre Covid, la situazione d’emergenza da tempo non esiste più e chiediamo interventi concreti per migliorare le condizioni di lavoratori che sono i meno pagati all’interno degli aeroporti. A fronte dei continui aumenti del costo della vita rivendichiamo una giusta dignità salariale".
Una protesta contro il "lavoro sottopagato" che riguarda anche il settore degli spettacoli, finito al centro di un’indagine coordinata dal pm Paolo Storari che ha portato al commissariamento della cooperativa Fema per stipendi al di sotto della soglia di povertà, con retribuzione netta di poco meno di 5 euro l’ora. Cooperativa che ha come committenti i più importanti enti culturali a livello internazionale (tutti estranei all’indagine), come le fondazioni del Piccolo Teatro, del Teatro alla Scala, de I Pomeriggi Musicali, la Fiera di Milano. "Un modus operandi diffuso e che non riguarda solamente la cooperativa in questione", sottolinea la Slc-Cgil di Milano. "Proprio nelle ultime settimane si erano rivolti a noi, tramite le nostre Rsu – spiega il sindacato – alcune lavoratrici e lavoratori, per lo più “maschere”, di diverse realtà milanesi dello spettacolo. Si tratta di persone assunte dalla cooperativa o dalla società di turno per lavorare all’interno e sostanzialmente alle dipendenze di importanti teatri. Le loro doglianze non riguardano soltanto il salario, ma più in generale la loro condizione".
Secondo la denuncia della Slc, hanno un contratto di lavoro intermittente e a chiamata senza formale obbligo di disponibilità e senza indennità. Di fatto però in molti casi sono obbligati a rispondere alla chiamata, pena il rischio di non lavorare più. Saltano spesso le pause e il riposo giornaliero delle 11 ore tra una prestazione e l’altra. Alcuni di loro "hanno grandi responsabilità anche riguardo alla sicurezza". Il sindacato punta ora a stipulare "accordi di stabilizzazione e di internalizzazione di queste figure". La Filcams, altra categoria della Cgil coinvolta nella partita, sottolinea "l’insostenibilità del sistema degli appalti nel nostro Paese" e la necessità di cambiare la legge.