
Lea Garofalo e Rosario Curcio
Opera (Milano) – Si è impiccato nel carcere di Opera Rosario Curcio, 47 anni, che stava scontando l'ergastolo per l'omicidio e la distruzione del cadavere della testimone di giustizia Lea Garofalo, uccisa a Milano 14 anni fa.
Ricoverato al Policlinico
Curcio è stato trasportato al Policlinico nella giornata di giovedì ed è deceduto alcune ore dopo il ricovero: i medici non hanno potuto fare nulla per salvargli la vita. La salma è già stata trasportata all'Istituto di medicina legale di piazzale Gorini, in vista dell'autopsia disposta dalla Procura.
Al servizio dei Cosco
Curcio, originario di Camilletto, una frazione della città crotonese di Petilia Policastro, era stato condannato in via definitiva per l'assassinio della testimone di giustizia, in concorso con il marito della donna Carlo Cosco e Vito Cosco, Massimo Sabbatino e Carmine Venturino. Stando a quanto poi ricostruito da indagini e processi, fu Carlo Cosco, nel novembre 2009, ad attirare a Milano l'ex compagna, all'epoca uscita dal programma di protezione, anche con la scusa di parlare del futuro della figlia Denise.
L’omicidio
La sera del 24 novembre 2009, Carlo portò Lea in un appartamento, dove ad attenderli c'erano il fratello Vito detto "Sergio": lì Garofalo fu uccisa. A spostare il corpo dall'abitazione furono poi Venturino, Curcio e Sabbatino: il cadavere fu portato in un terreno del quartiere San Fruttuoso di Monza e bruciato per tre giorni fino alla completa distruzione. Per anni si pensò che il corpo fosse stato sciolto nell'acido, ma in seguito la confessione di Venturino portò a ricostruire con esattezza quanto accaduto e a rinvenire più di duemila frammenti ossei e la collana della donna. La condanna all'ergastolo in primo grado per Curcio è stata confermata sia dalla Corte d'Assise d'Appello che dalla Cassazione nel 2014.
L’assassino di, Rosario Curcio, 46 anni, detto “Patatino”, si è suicidato nel carcere di Opera, dov’era detenuto, impiccandosi. Curcio, originario di Petilia Policastro, in provincia di Crotone, era stato condannato in via definitiva all’ergastolo nel dicembre del 2014, per la morte e la distruzione del cadavere di Lea Garofalo, avvenuto nel novembre del 2009.
In base a quanto ricostruito nel processo, Curcio faceva parte della banda di Carlo Cosco, anch’egli condannato all’ergastolo, compagno della Garofalo e padre della figlia Denise. Con i Cosco (, fratello di Carlo, è stato anche lui condannato all’ergastolo) aveva partecipato alle attività criminali del gruppo: spaccio di droga, usura, estorsioni, minacce e violenza.
Non aveva invece partecipato, nel maggio del 2009, al tentativo di sequestro della stessa Garofalo, ma non si era sottratto successivamente, all’omicidio della donna. Omicidio per il quale era stato condannato all’ergastolo in primo grado, poi confermato in Appello e anche dalla Cassazione