Milano – E' morta a 89 anni Lea Pericoli, la signora del tennis italiano. Signora in campo, regina in campo e maestra di eleganza, è stata una delle prime donne a raccontare il tennis su giornali e in tv dopo averlo giocato ai massimi livelli. Milanese, classe 1935, classe e stile hanno caratterizzato tutta la sua storia, quella della campionessa da record del tennis italiano, con 27 titoli all'attivo nei campionati nazionali in singolare, doppio e doppio misto. Ma Lea Pericoli, la “Divina” del tennis, era anche una campionessa fuori dal campo, in prima linea nella battaglia per la prevenzione dei tumori. A ricordarlo Paolo Veronesi, direttore del Programma Senologia dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e presidente della Fondazione Umberto Veronesi.
"Lea Pericoli era un'amica. Me la ricordo, io ero un ragazzo, parliamo degli anni '70, quando era già pluricampionessa italiana di tennis. Nel 1973 aveva scoperto un tumore dell'utero in fase iniziale, è stata curata e ha conosciuto il mio papà Umberto", l'oncologo Umberto Veronesi, "con cui ha legato subito, ha fatto grande amicizia. E mio papà, che in quel periodo era presidente della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), la convinse a prestare il suo volto alla campagna di sensibilizzazione per la prevenzione del cancro. Parliamo di 50 anni fa, un tempo in cui il tumore non si poteva neanche nominare, era una parola proprio tabù, non la si diceva neanche ai pazienti".
“Ci mise la faccia. Parliamo di 50 anni fa, un tempo in cui il tumore non si poteva neanche nominare, era una parola proprio tabù, non la si diceva neanche ai pazienti"
Erano gli anni in cui il cancro incuteva timore, anche solo a nominarlo, era 'il brutto male'. "E invece lei", la signora del tennis tricolore, "ci mise la faccia - racconta Veronesi all'Adnkronos Salute - Disse che aveva avuto un tumore. Spiegò: 'Però sono arrivata in tempo, mi sono curata, sono guarita'". E l'anno dopo ha rivinto di nuovo un campionato italiano di tennis. Quindi il suo era un messaggio estremamente positivo. Perché la sua storia ci dice "in primo luogo che la prevenzione naturalmente aiuta tantissimo nella guarigione e, in secondo luogo, che lo sport è importante e si può praticare dopo un tumore. Cosa che adesso ovviamente sappiamo: tutti corriamo, vediamo donne che dopo aver avuto un tumore corrono le maratone, vanno in canoa, scalano le montagne, vanno in bici. Una volta invece sembrava che la tua vita fosse quasi finita".
Lea Pericoli "ha dato dunque anche questo messaggio positivo riguardo al beneficio dello sport - continua il senologo -. E infatti poi è sempre stata bene. Ha avuto un altro tumore, al seno, che abbiamo curato nel 2012, però è guarita anche da quello. E adesso purtroppo ci ha lasciati, lasciando un grande vuoto, perché è stata una donna veramente eccezionale dal punto di vista sportivo e anche dal punto di vista della comunicazione". Ci ha insegnato che "facendo una vita sana, sportiva, facendo prevenzione, magari non si potranno evitare tutte le malattie, ma si può comunque guarire, vivere a lungo con una buona qualità di vita. In maniera felice, insomma. Deve essere sicuramente un grande esempio per tutte le donne", sottolinea.
Mancano oggi testimonial come lei? "In realtà devo dire che adesso tante donne fanno outing, raccontano le loro storie - riflette Veronesi - Sui giornali ogni giorno c'è qualcuno che racconta della malattia. Certo c'è chi lo fa in maniera positiva, e chi come qualche modella dice che non si fa curare e questi non sono bei messaggi. Oggi però davvero il mondo è cambiato, grazie anche a persone come Lea Pericoli. Lei 50 anni fa ha aperto una strada che, per fortuna, oggi tanti ricalcano".